lunedì 3 gennaio 2011

It's wonderful

Accatasta la legna senza un'effettiva preoccupazione di non poter finire il proprio lavoro mentre il freddo sole di dicembre si accinge a salutarlo. E' dal primo mattino che ha iniziato il suo lavoro e pare non accettare serenamente il fatto che 50 anni prima avrebbe impiegato la metà del tempo a fare il doppio del lavoro. Mentre cerca di far finta di non accorgersi che la geometria della sua catasta è piuttosto personale un urlo richiama la sua attenzione dalla casa in fondo al campo. Fine. La giornata è finita, una smorfia ne sfigura il volto mentre si rassegna ad abbandonare la sua vita e rinchiudersi in quella vita che le convenzioni sociali hanno voluto per lui.
Quel ramo stroncato è praticamente ormai messo a posto e non è così dispiaciuto di non aver finito ed essersi lasciato gli onori del successo a domani.
Guarda le sue mani, mani che raccontano di una vita antica disegnata da mestieri antichi, e sorride nel ritrovare se stesso in esse. Infila i guanti che non indossa mai nella tasca posteriore dei pantaloni, ripone la sega nella cassetta, che impugna, insieme ad un'accetta troppo piccola per il lavoro richiesto, nella mano sinistra. Saluta la neve come si saluta il degno avversario che ti ha offerto una sfida nella quale forse non ti saresti più misurato, con un ghigno rispettoso; con la mano destra estrae quel piccolo congegno che il nipote ha preteso imparasse ad usare, aggiusta con poca perizia le cuffie e preme il bottone tondo. Via via, vieni via di qui, niente più ti lega a questi luoghi...

Nessun commento: