lunedì 24 gennaio 2011

Ardesia-Parte IV

Sono le 22 e la giornata nuvolosa ha introdotto una notte più che buia, Michele nel piazzale si riveste di fretta e un brivido gli sale lungo la schiena, gli arriva al collo e lui si aspetta che il terrore glielo spezzi. Si gira di scatto, tutte le finestre sul piazzale sono buie ma lui non si prende in giro, qualcuno lo sta fissando; si infila i pantaloni, trova le chiavi della moto che nasconde dietro il cantiere nell’ex fienile e raccoglie il resto delle sue cose nel maglione. Sente muovere il ghiaino, adesso ha paura, da dietro troppi angoli può saltare fuori il suo assalitore, non può attraversare il piazzale, sarebbe facilmente visibile dalla finestra di Elena, ma la sensazione di essere spiato non lo abbandona. Cerca con ansia di individuare una vecchina insonne o due giovani appartati in macchina, figure innocue, spera di darsi del coglione per essersi spaventato senza motivo. Niente.
Michele si avvia, non rasente al muro come logica avrebbe voluto, si scosta di un paio di metri al primo angolo, quando si alza il vento. I teloni e le corde del cantiere, le imposte, gli alberi; chiunque potrebbe avvicinarglisi alle spalle senza farsi sentire. Michele si volta di scatto e nel buio di una notte senza stelle una sagoma si dilegua. Non sa neanche se quella sagoma era un cespuglio, un telo, un animale, un assassino, un sonnambulo o se l'ha soltanto immaginata, ma adesso è terrorizzato, attraversa il piazzale di corsa, mette in moto senza prendere il casco o mettere via i vestiti ed un brivido ancora più raggelante del precedente lo blocca. Click. Cilecca. Non ha mai visto una pistola in vita sua ma nei film ha sentito quel rumore, non sa se è un colpo a vuoto, la scarrellata dell’arma, la sicura disinserita, cosa cazzo potrà mai saperne lui?
E’ terrorizzato, si volta lentamente, dovrà fare centoottanta gradi il suo sguardo; nel suo percorso incontra casette, portoni, finestre aperte e socchiuse, incontra quell’orribile porcospino di metallo dove la vicina di Elena immagina gli ospiti gradiscano pulirsi le scarpe, incontra le bici accatastate dei bambini dell’ultima famiglia arrivata, scopre la fine della fattoria e perde il senso della profondità: il bosco non sembra a 100 metri, ci si sente dentro, tormentato dal terrore. Quando si è girato del tutto eccola; la cosa di cui aveva più paura. Niente. Qualcuno si nasconde. Michele mette in moto di corsa, se ne fotte del rumore e degli accordi presi con Elena per spingere la moto spenta, il bicilindrico Ducati urla la propria natura, non si volta, ma sente su di sé quello sguardo.

A tre chilometri si ferma, una risata isterica lo aiuta a stemperare la tensione. Controlla ansioso di non aver perso niente. Manca il suo berretto da baseball. Adesso torna il terrore, Michele non vuole tornare indietro e si accontenta di credere che se anche lo dovesse trovare Alessandro, quello è un banalissimo cappellino blu, ne esistono milioni. Michele si riveste, mette il casco, ingrana la prima ed è in quel momento che sente freddo. I fari di un’auto scollinano e si dirigono verso di lui. Michele è paralizzato, non riesce a staccare la frizione e i fari che vede nello specchietto sinistro della sua Ducati sono sempre più vicini. Ci siamo, Michele è già rassegnato quando l’auto gli passa accanto ignorandolo. Si sente un idiota, un sospiro lungo un chilometro lo rilassa un po’, lascia la frizione, da gas e si dirige verso casa.

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