sabato 22 gennaio 2011

L'inevitabile punizione della storia

Oggi ho trovato questo bellissimo post sul blog di Felice Lima.

Lo riporto per intero. Versione originale.


L’inevitabile punizione della storia

Io e mia moglie siamo entrambi magistrati e prestiamo il nostro servizio da venticinque
anni in Sicilia.

In passato accadeva che solo negli ambienti più torbidi del malaffare e della criminalità
più odiosa i magistrati (e dunque anche noi) venissimo apostrofati con espressioni
ingiuriose – tipo “sbirro”,“curnutu”, e altre – da chi, essendo un criminale, ci teneva a
marcare una differenza per così direontologica con chi, nel suo universo di
riferimento,
serviva il nemico: cioè, lo Stato.

E tuttavia, anche questi criminali e anche i peggiori di loro pronunciavano le ingiurie
solo quando parlavano fra loro o in ambienti in cui fosse condiviso il loro sistema
diciamo così valoriale.

Perché in qualunque altro posto diverso da una suburra anche i più squallidi ceffi si
riferivano ai giudici con un rispetto formale magari insincero ma consapevole del fatto
che il vivere in una società vagamente civile o almeno aspirante civile o, come direbbe
Cetto, qualunquementecivile impone di fingere un certo almeno minimo rispetto
per lo Stato.

Da alcuni anni a questa parte, invece, il linguaggio tipico dei più squallidi ceffi delle
peggiori suburre è in uso al Capo del Governo e va in onda su tutti i mezzi di
comunicazione in tutti gli orari e a preferenza in quelli di punta sulle televisioni
generaliste.

Dunque, io e mia moglie ci troviamo costretti a vietare l’uso della televisione – e
sommamente negli orari dei vari telegiornali – ai nostri figli adolescenti, per evitare
che le loro anime semplici risultino disorientate su una delle idee che i genitori in
qualche modo gli hanno inculcato: che i magistrati sono al servizio dello Stato e
svolgono
un lavoro onorato.

Né sarebbe sensato smentire il Presidente del Consiglio dinanzi ai nostri figli, perché
sembra evidente che, se il Presidente del Consiglio, al pari di qualunque incallito
criminale, dice che i magistrati sono nemici dello Stato, ogni persona semplice sarà
indotta a pensare che non si possa sfuggire all’alternativa consistente nel fatto che, se il
Presidente del Consiglio avesse ragione, i magistrati sarebbero davvero l’antistato, ma,
se avesse torto, allora senza dubbio l’antistato sarebbe lui. Ed è difficile dire quale delle
due alternative sia la peggiore.

Ciò detto, per manifestare una certa – credo legittima – indignazione per ciò che è
accaduto e ancora accade, riflettevo ieri sul fatto che un uomo normale è soggetto,
nel suo agire, a varicondizionamenti e a diversi freni inibitori, la cui varia efficacia
dipende dalle qualità intellettuali e morali della persona.

Dinanzi alla profferta di qualcosa di disonorevole, l’uomo di animo nobile rifiuterà
perché ciò che gli si propone non è giusto.

L’uomo moralmente depravato rifiuterà per timore della sanzione penale.

Infine, l’uomo depravato e indifferente alle sanzioni giuridiche rifiuterà per istinto di
conservazione quando l’interlocutore non dia garanzie di reggere la necessaria
complicità.

Dunque, nessun malavitoso psicologicamente equilibrato accetterebbe proposte
criminali da chi si offrisse come complice senza dare le necessarie garanzie di tenuta.

Tanto per dire, nessun lestofante compos sui farebbe accordi con una diciottenne,
perché avrebbe la lucidità di rendersi conto che, anche se poi le dicesse: “Ti copro
d’oro purché tu taccia”, non sarebbe affatto certo che lei tacesse.

Scoprire che il presidente del Consiglio ha instaurato con una prostituta minorenne
un tipo di relazione tale da consentire alla prostituta minorenne di fargli telefonare
direttamente mentre è intento in impegni di Stato all’estero (in Francia) per chiedergli
di intervenire presso una Questura per farla liberare e che il Presidente del Consiglio
ha ritenuto di telefonare direttamente alla Questura chiedendo la liberazione della
ragazza, aggiungendo all’inqualificabilità del suo comportamento anche la assurda
menzogna di spacciare la prostituta per la nipote di un capo di stato estero (Mubarak) è
veramente sconcertante, perché colloca il Presidente del Consiglio in una catalogazione
ulteriore e inferiore rispetto ai tre tipi umani sopra illustrati.

L’esistenza di un tipo umano come questo – indifferente ai precetti morali, indifferente
ai precetti della legge e indifferente all’evidenza del rischio di un ricatto, prima, e di una
svergognatura mondiale, poi, da parte della inverosimile complice prostituta
minorenne – è possibile solo in presenza di una condizione psicologica molto
gravemente compromessa, ma anche, purtroppo, a una particolare condizione della
vita politica, civile e sociale del paese ospitante. Ed è questo che vorrei sottolineare.

In un paese normale, chi si proponga per servire lo Stato, comprende come ovvio il
suo dovere di adeguare se stesso alle esigenze del servizio.

Dunque, chi, per esempio, si dedichi a fare il magistrato, comprende da subito di
dovere smettere di frequentare – ove mai gli fosse capitato in precedenza di farlo
– persone di malaffare, gente coinvolta in crimini e maggiormente in crimini orribili
perché connessi a fatti di mafia e/o ad abuso di funzioni pubbliche.

Il caso del nostro presidente del Consiglio e dei suoi sodali da lui collocati nei vari
ruoli funzionali alle sue esigenze (direzioni di telegiornali, Consigli Regionali,
Parlamento della Repubblica) si caratterizza per il fatto che questi pensano che è lo
Stato che, se vuole essere servito da questo“utilizzatore abituale”, deve adeguare
le sue leggi alle esigenze dell’utilizzatore.

Dunque, da più di quindici anni, assisto da magistrato al costante mutare delle leggi
del mio Paese per adeguarle alle esigenze di una persona che non considera sé stesso
onorato dall’incarico ottenuto, ma il Paese beneficiato dal fatto che lui, fra una lap
dance di una minorenne e dei consigli sull’autoerotismo da lui dati ad altra prostituta
(in quel caso per fortuna almeno maggiorenne: la signora D’Addario, che ha
registrato questi preziosi suggerimenti mentre gli venivano dati da Capo del nostro
Governo e rappresentante del nostro Paese), dedica un po’ del suo tempo a occuparsi
delle cose dello Stato. Senza trascurare, ovviamente, di coltivare il più possibile,
nella gestione di quelle, i suoi affari personali.

Il Popolo Italiano ha ritenuto possibile violentare per anni la verità e la giustizia per
portare avanti un patto scellerato con una persona che, in cambio della palesemente
vana promessa di sogni sempre più mirabolanti per un avvenire radioso e sempre
più “futuro”, giorno per giorno esige e ottiene da ogni tipo di cittadino, operaio,
professionista, essere umano e, soprattutto, istituzionefavori sempre più impegnativi
e insostenibili e sempre più deplorevoli e illegali, per soddisfare la sua fame di denaro,
di gloria e di sesso.

Applicando l’analisi fatta sopra ai popoli, si deve dire che, dinanzi alla profferta di un
millantatore che, in cambio di vane promesse, chiede la consegna di tutto intero lo
Stato, delle sue istituzioni e della sua intrinseca dignità, un popolo ricco di valori
morali rifiuta perché la cosa è moralmente inaccettabile. Un popolo rispettoso delle
leggi rifiuta perché la costituzione non lo consente. Un popolo depravato e irrispettoso
di ogni tipo di legge rifiuta perché si rende conto di trovarsi dinanzi a un truffatore
bravo solo a fare il piazzista/imbonitore.

Il popolo italiano – come il Capo del suo Governo – appartiene a un quarto tipo
inferiore e peggiore rispetto ai tre appena descritti.Lo spettacolo che è sotto gli
occhi di tutti e, purtroppo, di tutto il mondo, è l’inizio della punizione che la storia
– come ha sempre fatto in tutti i tempi– sta iniziando a dare a un popolo tanto
scellerato.

E il paradosso è che tutto ciò che è già sotto gli occhi di tutto non è che una
piccolissima parte di ciò che, continuando a trattare così lo Stato e le sue istituzioni,
ci toccherà di subire e vedere.

Quanto alla logica che sta dietro alla capacità di un capo di governo di mentire tanto spudoratamente in pubblico su ogni cosa che lo riguarda, essa è certamente quella
illustrata daAdolf Hitler nel suo Mein Kampf: “La Grande Bugia è una bugia così
enorme da far credere alla gente che nessuno potrebbe avere l’impudenza di
distorcere la verità in modo così infame”.

Ma la tesi non è fondata: perché si creda a bugie tanto squallide e vergognose non è
necessario che esse siano “grandi”; è necessario che siano dette a un popolo che,
per ragioni meschine e disonorevoli, è disposto a fingere di credere a tutto.

La tragedia epocale di questo Paese non è nel fatto che il Capo del suo Governo sia
una persona impresentabile e improponibile, amico intimo e frequentatore abituale
di persone che vanno dai Previti (condannato con sentenza definitiva per crimini
più che deplorevoli), ai Dell’Utri(condannato in primo e secondo grado per fatti
di mafia), alle D’Addario, Ruby, Minetti, Mora, Mangano e altre decine e decine, che
in qualunque altro paese non avrebbero non il telefono, ma neppure l’indirizzo di
un Capo di Stato, ma nel fatto che l’intero Paese ha costantemente e
sistematicamente ridotto se stesso, le sue istituzioni, le sue leggi, le sue strutture
culturali, politiche e sociali a una condizione nella quale ciò che sta accadendo
può materialmente accadere.

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