E' da qualche tempo che sento in TV dichiarazioni di questo tipo:
Il capogruppo leghista Roberto Cota ha dichiarato che "questa legge in un Paese normale sarebbe stata votata in cinque minuti, serve a garantire che il governo possa occuparsi, nello svolgimento del suo mandato, dei problemi del Paese. Serve a garantire il principio sacrosanto della sovranità popolare".
Qui sono parole di Cota ma le ho sentite pronunciare, nel rispetto della tradizione che vuole che nel PDL si esprima un pensiero unico, o meglio il pensiero dell'unico, da diverse altre persone.
L'ultima volta mi è capitata una deputata PDL, o forse la viceportavoce Bernini, al TG1 (e va beh, a volte capita di vedere anche questo contenitore di intrattenimento che una volta passava per Telegiornale) subito dopo il servizio di Berlusconi in Israele a raccontar cazzate (ne parlerò nel prossimo post).
Ieri però mi sono imbattuto in un altro interessante articolo:
Roma, il premier a sorpresa al Salone Margerita Ma la sala era occupata da una cena di una società di protesi Berlusconi va a teatro ma lo spettacolo non c'è Voleva vedere una parte dello show dedicata a lui Titolo, "Il Silvio sparito": ironia sulla scomparsa nel nulla
Ora io mi chiedo: come stava quella faccenda di "non può perdere tempo in tribunale, deve occuparsi dei problemi dell'Italia"?
No perchè io noto che Berlusconi va in Israele a difendere il "legittimo genocidio" di palestinesi, va a teatro a godersi il "legittimo intrattenimento", tiene il parlamento fermo a discutere del "legittimo impedimento" e però da come interpreto io una democrazia, in un periodo di crisi drammatica come questa non sia riconoscibile al Presidente del Consiglio il "legittimo menefreghismo". Berlusconi di tutte le cazzate del mondo si occupa meno che delle decine di migliaia di nuovi disoccupati, di crisi, salari, pensioni, occupazione, onestamente io non mi sentirei tanto "leggittimato" a comportarmi così...
Da qualche giorno è scoppiato l'interessantissimo caso Morgan per il quale non ho voglia di ripetere quanto sia importante il dibattito su liberalizzazione-legalizzazione-proibizionismo, su tossicodipendenze e criminalità organizzate, emarginazione e recupero dei tossicodipendenti e quanto sia vergognosamente basso il livello del dibattito (e dei dibattenti) che invece si vede ovunque in tv sulla questione.
Voglio però citare questo bell'articolo di Francesco Merlo su repubblica.it, che affronta il tema dal punto di vista decisamente meno interessante con una vis polemico/ironica degna di lodi.
Chi gioca più pericolosamente con la droga: Morgan o i direttori della Rai? Per capire Morgan non era necessario leggere la sua intervista a "Max", si vede subito che è tutto un crack. Ma senza quell'intervista non avremmo capito che genere di "droga" sta spacciando la Rai di Mauro Masi e di Mauro Mazza. E cominciamo con Morgan.
Fosse davvero un artista maledetto e non un simpatico e debole arruffato, Morgan sarebbe sprezzantemente fiero di essere stato escluso da Sanremo e non andrebbe stasera nel morbosetto educandato di "Porta a Porta" a spiegare che la sua trasgressione era per bene, e che lui, poverino, è un diavolo sì, ma buono come un angelo. Un "maledetto" non si mette a balbettare e a smentire se stesso perché Masi e Mazza esigono "il ravvedimento" per riammetterlo al sacramento del festival più insulso e bacchettone del mondo, o perché la ministra della Gioventù, la signorina Meloni, minaccia di espellerlo dalla... Gioventù se non si pente, se non lancia appelli, se non "si riscatta" pronunziando "parole sagge".
Immaginatevi le reazioni di Lou Reed, quello di Heroin, storia di un buco, o di Jim Morrison o di Mick Jagger... E come avrebbe risposto Vasco Rossi, al tempo in cui faceva uso di droghe, se Bruno Vespa avesse deciso di esorcizzarlo con la sua acqua benedetta e se Masi avesse detto a lui quel che ha detto a Morgan: "Sono aperto al perdono". Così siamo ridotti: in Italia, anche satanasso è pronto a mascherarsi da Luciano Tajoli pur di cantare "Al di là" a Sanremo. Dunque stasera Vespa ci metterà la sua buona parola, Morgan confermerà di avere iniziato la disintossicazione, Don Gelmini ripeterà di essere pronto ad accogliere il traviato, Masi lo perdonerà come Berlusconi ha perdonato Tartaglia. E il bravo Morgan canterà a Sanremo perché anche lui tiene famiglia e perché è vero che "la musica è la parte migliore di me". E si sprecheranno le stupidaggini dell'aneddotica scolastica: Canossa, il pane di Frà Cristoforo, il pentimento, Buscetta...
Con questo siparietto di Masi - Mazza-Vespa sulla pelle di Morgan in Italia diventa farsa penosa anche la maledizione come risorsa, come ricchezza, come pozzo profondo dell'arte e della creatività del Novecento. E chissà che non sia un bene. Chissà che finalmente non si capisca che il solo vero scandalo artistico e creativo che Sanremo ci può ancora offrire è... il silenzio. E però le debolezze di Morgan non sono roba da prendere troppo in giro. Il panico, la depressione e il dolore sono sentimenti privati che mai dovrebbero essere profanati nei "Porta a Porta" perché sono il nodo grosso della vita. Ognuno di noi è padrone di se stesso e c'è chi ingoia rospi e chi ingoia droga, chi scappa di casa e chi scrive libri... Ma c'è anche chi si strafà di poveri scandaletti per taroccare un festival che, comunque vada, sarà sempre molto peggio della cocaina. E ci sono le reazioni "politiche" a riprova che la cocaina di Morgan ha già avviato la convulsione collettiva di Sanremo, la cerimonia delle smanie.
Contro e a favore degli eccessi, che Morgan ha prima esibito e poi nascosto come vergogne, ieri hanno condannato e stigmatizzato tutti quelli che sbuffano, gridano, sfottono e fanno a botte in televisione.
La Mussolini chiede il test antidroga per tutti i cantanti. Gasparri e La Russa plaudono all'espulsione del drogato. Il leghista Castelli dice che "Morgan è complice della mafia perché tutti i drogati sono complici della mafia". I comunisti vogliono l'antidoping per tutti gli italiani. Claudia Mori e Nino D'Angelo lanciano un appello per salvare il loro fragile collega. Merlo del Pd vuole mandare Morgan in comunità... Come si vede, ognuno spaccia il suo antidoto, la sua dose personale di ipocrisia e di ideologia. Ma quanti spacciatori per un solo consumatore (consumato)! Di sicuro c'è un rapporto di grande solidarietà tra questa finta campagna antidroga dei dirigenti della Rai e il drogato confesso Morgan. E quello che si dice è peggio di quello che si inala. Va infatti ricordato che l'Italia è diventato il primo Paese d'Europa nel consumo di droga e che questi sciacalletti del marketing sanremese dovrebbero evitare di scherzare con la sofferenza dei ragazzi come Cucchi che fu ammazzato di botte, e dei giovani detenuti, non degli habitués della televisione ma degli esclusi, non di quelli che vanno a "Porta a Porta" ma di quelli che rimangono fuori dalla porta. Ma questo teatrino potrebbe avere un effetto antitossico. Se un vero maledetto, un giovane orlando furioso capisse quanto si somigliano Morgan e gli "specialisti antidroga" che stanno alla testa della Rai, forse scoprirebbe l'antidoto ai suoi eccessi. Potrebbe infatti togliersi la scimmia dalla spalla, smettere per non diventare come loro.
James Cameron torna in versione Re Mida con la più eccezionale campagna pubblicitaria dai tempi di The Blair Witch Project.
Cameron disegna un pianeta meraviglioso, studia ogni aspetto di Pandora, pur scopiazzando il concetto di fondo dalla Gaia di Asimov, si inventa una cultura, quella Na'vi, non particolarmente originale ma certamente complessa, immagina la fauna, disegna la flora, studia le cause del viaggio interstellare che conduce l'essere umano su Pandora e poi...
...e poi si perde in una sceneggiatura che definire banale renderebbe innovativa quella di Natale a Beverly Hills.
Cameron piega un lavoro decennale alla solita storiella banale che dal primo all'ultimo minuto si incanala in un binario dal quale non è neanche possibile immaginare una deviazione.
Io l'ho visto in 2D ed ho avuto l'impressione che il 3D valesse la pena, anche se l'opinione di chi ha visto il 3D non è la stessa.
Adesso scendo nello specifico e nascondo il testo, che presenta spoiler.
Quella striscia di stoffa grigia gli sventola davanti all'occhio sinistro da ormai 30 ore. Non è un novellino, sa come mantenere attivi i muscoli tenendo perfettamente ferma la sua sagoma. Non si mimetizza tra le pietre ed i cespugli, è una pietra, è un cespuglio. I racconti di suo nonno gli riecheggiano nella mente dal primo minuto di appostamento, l'avevano sempre affascinato quelle storie di appostamenti, agguati, interrogatori e torture, le descrizioni, così dettagliate da sembrare immagini più che parole, di equipaggiamento, montaggio e smontaggio dei fucili, di percussori e interruttori, caricatori e baionette, quei racconti che i suoi tacciavano come inappropriati e pericolosi, per usare un eufemismo, lui li aveva sempre ascoltati incuriosito ed affascinato, bramoso di saperne di più.
I segnali dell'arrivo di un corteo non sono difficili da cogliere, ma un cecchino come lui sa scegliere il posto per averli con grande anticipo.
Sa che non è facile colpire un bersaglio ad un chilometro di distanza ma ha già sistemato le fettucce ogni 50 metri ed ogni 10 negli ultimi 50.
Ricalibrare il mirino in funzione del vento è la cosa più difficile ma anche calcolare la velocità di un bersaglio non è poi così banale.
Il corteo dovrebbe essere a piedi, il bersaglio è piccolo rispetto alle guardie del corpo, il ritardo del colpo potrebbe salvarlo e sacrificare un uomo della scorta. Rischio non accettabile: ha scelto con cura fucile, proiettile, bipod, mirino, non ha dubbi, il tiro è quello.
Se qualche fottuto bodyguard si dovesse trovare in mezzo il proiettile lo attraverserebbe mantenendo la velocità necessaria ad atterrare l'obiettivo Beta.
Obiettivo Beta, già, i codici paramilitari del nonno. Aveva scoperto che i partigiani, migliaia di persone descritte da un termine così vago, non erano un'accozzaglia di cani sciolti ma erano anche squadre militarmente organizzate. Solo lui saprebbe fare un appostamento del genere, appostamento che non potrebbe essere così perfetto se avesse dovuto organizzarselo da solo, l'intelligence, per quanto a livello quasi amatoriale, è fondamentale, l'ha sempre saputo.
La mente è addestrata, sa lavorare su due binari, sa di non avere più di cinquanta ore di autonomia in appostamento, ma sa che il suo compito sarà concluso ben prima.
Ha ripercorso con la mente il suo percorso di fuga centinaia di volte, ha liberato i teloni tra le macerie prima di appostarsi sulla collina, non lasceranno la visuale perfettamente libera a chi volesse individuarlo.
Aveva già preparato un piano di fuga da forze speciali anche prima che gli ultimi accadimenti avessero spinto l'obiettivo Beta a farsi scortare dalle forze speciali.
Sentirsi come il nonno, patriota, liberatore, partigiano, riesce a riempire l'emisfero cerebrale che non si occupa di vigilare sul percorso.
L'arrivo del suo bersaglio è rumoroso come sempre, è fin troppo facile individuarlo, ad ore una mentre si sposta verso est.
Le fettucce piazzate non sono visibili a chi non sappia cosa cercare, e i due cecchini sul tetto di quello che fu l'ospedale non sanno cosa cercare, la minaccia riscontrata per l'evento deve essere piuttosto bassa; idioti.
Il sopralluogo delle forze speciali è finito trenta minuti prima, nessuno cercherebbe a millecentocinquanta metri di distanza un cecchino con un Barret M82 sotto una mimetica da appostamento.
Il bersaglio oltre che rumorosamente annunciato è anche facilmente individuabile, vuole farsi notare; idiota.
Il bagno di folla finisce ottanta metri prima della Zona Rossa, che macabro umorismo hanno avuto in sezione: è di quel colore che diventerà la zona, quei venti metri di strada buoni per centrare il colpo, in quella finestra visiva lasciata libera dall'edificio crollato.
Obiettivo Beta si guarda intorno con la curiosità divertita di chi invece che i frutti di una catastrofe stesse guardando una nuova maestosa opera architettonica figlia della più spregiudicata delle archistar tristemente disseminate per il globo.
Sale il battito cardiaco, conosce i suoi battiti senza contarli, centoventi è la soglia ideale per far partire il colpo, inserisce il caricatore, arma il colpo, mancano 40 metri, sblocca la mente, è completamente concentrato sulla missione. Corregge il mirino telescopico per la seconda volta, il vento non è perfettamente regolare. Sa di poter cambiare ancora, rimane freddo, gelido. Mancano 30 metri. Il bersaglio procede lentamente mentre si guarda intorno, meno di un metro al secondo, poco più di 3 km/h. Sei guardie del corpo, vertici di un esagono, 1,5 metri di distanza tra una testa e la successiva, formazione standard, niente di impenetrabile; idioti. 20 metri, sa che in Zona Rossa il suo accompagnatore si allontanerà per iniziare la cerimonia ufficiale. Non c'è fretta. 10 metri, ok, la visuale è ostruita dietro la piccola chiesa, l'obiettivo Beta ricomparirà, probabilmente già solo con la scorta, all'estremo della Zona Rossa e la percorrerà per intero, forse anche con una pausa dettata dalla cerimonia, per attendere che Casualità 1 inizi ad officiare. Casualità1: comodo definire gli esseri umani sacrificabili con una parola così vuota ed un numero, li rende più sacrificabili. Obiettivo Beta ricompare, Casualità 1 si sta allontanando proprio quando la penultima fettuccia si ferma. Ok, togliere tre secondi a destra. Il mirino è aggiustato, i battiti sono inchiodati a centoventi, controllo completo del corpo. Il bersaglio ha già percorso tre metri in Zona Rossa, cambio di formazione, la scorta si muove repentinamente, l'esagono ruota di 90 gradi in senso orario, gli uomini ruotano di una posizione in senso antiorario, manovra standard: idioti. Obiettivo Beta ha già percorso sei metri in Zona Rossa. L'indice passa sul grilletto, la mano sinistra sotto l'ascella destra a contenere il rinculo. Il bersaglio ha percorso già 8 metri. L'ultima fettuccia si ferma, togliere un secondo a destra. Dieci metri percorsi, riporta l'indice destro sul grilletto e la mano sinistra sotto il braccio destro. Dodici metri percorsi. Regolarizza il respiro. Tredici metri percorsi. Apnea. Inquadra perfettamente la testa. Stop. Obiettivo Beta fermo, quattro decimi di secondo per aggiustare la mira sul bersaglio fermo. Fuoco.
Il proiettile entra sotto l'occhio sinistro, sembra quasi produrre una scintilla, esce da sotto l'orecchio destro per conficcarsi nella parete retrostante, e probabilmente attraversarla per intero, dopo aver lasciato dietro di sé qualcosa di ormai difficilmente riconoscibile come una testa umana.
Casualità tutte integre. Obiettivo Beta a terra.
Click. Attiva il piccolo telecomando, esplodono i fumogeni su tutto il monte, partono gli incendi programmati nella collina ad est. Diversivi funzionanti. Lascia libero sfogo al cuore che si fionda subito a frequenze che solo l'impressionante sbalzo di adrenalina può giustificare. Si alza di scatto e comincia a correre verso Ovest, ha 20 secondi per raggiungere, con la mimetica, lo zaino ed il Barret M82, il rifugio a 90 metri di distanza prima che l'elicottero possa arrivare in zona. Le strisce di stoffa grigie, verdi e marroni dell'elmo, del fucile e della mimetica, saltano al ritmo dei suoi passi, uno spettacolo affascinante, quasi ipnotico, ed è suo compito fare sì che nessuno se lo possa godere. Rifugio. Il suo lavoro è finito, tornerà a casa più tardi, e sparirà.
In poltrona, con un sigaro da mission accomplished in bocca e un bicchiere di rosso di scarso pregio sul tavolino, finalmente capisce l'angoscia della guerra di liberazione che suo nonno gli raccontava senza riuscire a fargliela comprendere: ha ucciso un uomo, ma ne va fiero. Si spaventa di sé stesso ma non prova rimorso per aver ucciso un uomo, quest'uomo, a sangue freddo: ha appena liberato il suo paese, è un patriota, un liberatore, un partigiano...
Oggi, come promesso, torno su Facebook, e lo faccio rapidamente, visto il poco tempo a disposizione. Lo faccio copiando l'intervento dell'amico Vanni con cui lui stesso ha deciso di abbandonare il social network più di moda al momento. Mi colpì subito questo intervento per la semplicità con cui Vanni è riuscito a spiegare in poche parole un concetto tutt'altro che banale.
4 febbraio 2009 - A qualche mese dalla riattivazione del mio Facebook, ho deciso di chiuderlo di nuovo, e per sempre. Da tempo non accetto inviti alle varie applicazioni, e la settimana scorsa ho lasciato tutti i gruppi e tutte le cause, ma sento che non è abbastanza. Tra due giorni, giusto il tempo di ricevere comunicazioni urgenti, se mai ci fossero, chiudo.
Alla base di questa decisione ci sono diverse riflessioni.
Per cominciare, trovo disgustoso il modo in cui Facebook tratta i propri utenti e i loro dati, e sospetto il modo in cui è organizzato (per chi volesse approfondire, questo video http://www.adbusters.org/abtv/do_you_have_facebook.html è molto istruttivo). Tra l'altro vivo ancora nella convinzione un po' retrò che se un'azienda di rilevazione statistica vuole i miei dati per venderli ai suoi clienti, dovrebbe pagarmi!
Secondariamente, mi fa schifo il modo in cui lo strumento, per le sue caratteristiche intrinseche, trasforma le persone in spie. Tutti a spiare colleghi, amanti, amici, amici di amici ed ex-morosi... Bah! A questo si aggiunge il fatto che Facebook agevola pure gli spioni di stato (i quali, in un paese ridotto al medioevo morale come il nostro, non hanno di meglio da fare che andare a rompere le palle a gente iscritta a gruppi anti-Brunetta o altri che sono chiaramente delle boutade).
Al terzo posto nella mia personale lista di orrori, il vuoto mentale che si respira da queste parti. Anche i soggetti più intelligenti - e sapete che tra i miei amici ce ne sono tantissimi, uno di loro probabilmente sei proprio tu che leggi - qui paiono trasformarsi in una informe massa di cretini, tutti frasette e commentini. Dal momento che non mi reputo più intelligente di voi, deduco che evidentemente anch'io subisco questo effetto, e la cosa quasi mi spaventa.
Vale la pena spendere due parole anche per il sistema delle "cause"... Non ho dubbi che siamo tutti contro le torture ai monaci birmani, a favore del risparmio energetico e della legalizzazione della canapa medica, nonché contrarissimi al fatto che delle piccole dolci inermi foche vengano prese a badilate in testa, tuttavia mi pare anche che nessuno abbia cominciato a darsi da fare dopo aver aderito a una causa o un gruppo di Facebook... le proprie convinzioni, anche le più nobili, qui si riducono a miserevoli spot di noi stessi.
Certo, Facebook "ti mette in contatto con le persone della tua vita"... peccato che in contatto con voi ci sono già con altri mezzi! A questo si aggiunge, nel mio caso, la totale inutilità commerciale del servizio. Se il MySpace - per chi come me promuove i propri lavori in rete - ha una certa utilità, Facebook ne è privo in quanto solo raramente mette in contatto con persone nuove.
C'è infine la consapevolezza che, di sapere cosa sto facendo o come mi sento ogni tre minuti (tra l'altro: davvero il nostro mondo interiore si può ridurre a una frasetta? Davvero il meglio che possiamo fare con la nostra arguzia, ironia, cultura è cagare una bella frasetta ogni giorno?) non gliene freghi nulla a nessuno.
Tutto questo mi porta a decidere, con gran gioia, di chiudere il mio Facebook nelle prossime 48 ore, e, pensate, senza aver ancora provato la soddisfazione di taggare qualcuno in una foto in cui è venuto malissimo!
Traggo lo spunto per tornare a consigliare il libro "Gli interessi in comune" e il blog di Vanni, che trovate nell'elenco link qui a destra.
I miei contributi su Facebook, li rimando a data da destinarsi, spero non molto lontana, ma non è periodo in cui riesco ad organizzare un lavoro piuttosto grosso quale quello che sto cercando di fare.