sabato 2 gennaio 2010

Patriota. Liberatore. Partigiano.


Quella striscia di stoffa grigia gli sventola davanti all'occhio sinistro da ormai 30 ore. Non è un novellino, sa come mantenere attivi i muscoli tenendo perfettamente ferma la sua sagoma. Non si mimetizza tra le pietre ed i cespugli, è una pietra, è un cespuglio. I racconti di suo nonno gli riecheggiano nella mente dal primo minuto di appostamento, l'avevano sempre affascinato quelle storie di appostamenti, agguati, interrogatori e torture, le descrizioni, così dettagliate da sembrare immagini più che parole, di equipaggiamento, montaggio e smontaggio dei fucili, di percussori e interruttori, caricatori e baionette, quei racconti che i suoi tacciavano come inappropriati e pericolosi, per usare un eufemismo, lui li aveva sempre ascoltati incuriosito ed affascinato, bramoso di saperne di più.
I segnali dell'arrivo di un corteo non sono difficili da cogliere, ma un cecchino come lui sa scegliere il posto per averli con grande anticipo.
Sa che non è facile colpire un bersaglio ad un chilometro di distanza ma ha già sistemato le fettucce ogni 50 metri ed ogni 10 negli ultimi 50.
Ricalibrare il mirino in funzione del vento è la cosa più difficile ma anche calcolare la velocità di un bersaglio non è poi così banale.
Il corteo dovrebbe essere a piedi, il bersaglio è piccolo rispetto alle guardie del corpo, il ritardo del colpo potrebbe salvarlo e sacrificare un uomo della scorta. Rischio non accettabile: ha scelto con cura fucile, proiettile, bipod, mirino, non ha dubbi, il tiro è quello.
Se qualche fottuto bodyguard si dovesse trovare in mezzo il proiettile lo attraverserebbe mantenendo la velocità necessaria ad atterrare l'obiettivo Beta.
Obiettivo Beta, già, i codici paramilitari del nonno. Aveva scoperto che i partigiani, migliaia di persone descritte da un termine così vago, non erano un'accozzaglia di cani sciolti ma erano anche squadre militarmente organizzate. Solo lui saprebbe fare un appostamento del genere, appostamento che non potrebbe essere così perfetto se avesse dovuto organizzarselo da solo, l'intelligence, per quanto a livello quasi amatoriale, è fondamentale, l'ha sempre saputo.
La mente è addestrata, sa lavorare su due binari, sa di non avere più di cinquanta ore di autonomia in appostamento, ma sa che il suo compito sarà concluso ben prima.
Ha ripercorso con la mente il suo percorso di fuga centinaia di volte, ha liberato i teloni tra le macerie prima di appostarsi sulla collina, non lasceranno la visuale perfettamente libera a chi volesse individuarlo.
Aveva già preparato un piano di fuga da forze speciali anche prima che gli ultimi accadimenti avessero spinto l'obiettivo Beta a farsi scortare dalle forze speciali.
Sentirsi come il nonno, patriota, liberatore, partigiano, riesce a riempire l'emisfero cerebrale che non si occupa di vigilare sul percorso.
L'arrivo del suo bersaglio è rumoroso come sempre, è fin troppo facile individuarlo, ad ore una mentre si sposta verso est.
Le fettucce piazzate non sono visibili a chi non sappia cosa cercare, e i due cecchini sul tetto di quello che fu l'ospedale non sanno cosa cercare, la minaccia riscontrata per l'evento deve essere piuttosto bassa; idioti.
Il sopralluogo delle forze speciali è finito trenta minuti prima, nessuno cercherebbe a millecentocinquanta metri di distanza un cecchino con un Barret M82 sotto una mimetica da appostamento.
Il bersaglio oltre che rumorosamente annunciato è anche facilmente individuabile, vuole farsi notare; idiota.
Il bagno di folla finisce ottanta metri prima della Zona Rossa, che macabro umorismo hanno avuto in sezione: è di quel colore che diventerà la zona, quei venti metri di strada buoni per centrare il colpo, in quella finestra visiva lasciata libera dall'edificio crollato.

Obiettivo Beta si guarda intorno con la curiosità divertita di chi invece che i frutti di una catastrofe stesse guardando una nuova maestosa opera architettonica figlia della più spregiudicata delle archistar tristemente disseminate per il globo.

Sale il battito cardiaco, conosce i suoi battiti senza contarli, centoventi è la soglia ideale per far partire il colpo, inserisce il caricatore, arma il colpo, mancano 40 metri, sblocca la mente, è completamente concentrato sulla missione. Corregge il mirino telescopico per la seconda volta, il vento non è perfettamente regolare. Sa di poter cambiare ancora, rimane freddo, gelido. Mancano 30 metri. Il bersaglio procede lentamente mentre si guarda intorno, meno di un metro al secondo, poco più di 3 km/h. Sei guardie del corpo, vertici di un esagono, 1,5 metri di distanza tra una testa e la successiva, formazione standard, niente di impenetrabile; idioti. 20 metri, sa che in Zona Rossa il suo accompagnatore si allontanerà per iniziare la cerimonia ufficiale. Non c'è fretta. 10 metri, ok, la visuale è ostruita dietro la piccola chiesa, l'obiettivo Beta ricomparirà, probabilmente già solo con la scorta, all'estremo della Zona Rossa e la percorrerà per intero, forse anche con una pausa dettata dalla cerimonia, per attendere che Casualità 1 inizi ad officiare. Casualità1: comodo definire gli esseri umani sacrificabili con una parola così vuota ed un numero, li rende più sacrificabili. Obiettivo Beta ricompare, Casualità 1 si sta allontanando proprio quando la penultima fettuccia si ferma. Ok, togliere tre secondi a destra. Il mirino è aggiustato, i battiti sono inchiodati a centoventi, controllo completo del corpo. Il bersaglio ha già percorso tre metri in Zona Rossa, cambio di formazione, la scorta si muove repentinamente, l'esagono ruota di 90 gradi in senso orario, gli uomini ruotano di una posizione in senso antiorario, manovra standard: idioti. Obiettivo Beta ha già percorso sei metri in Zona Rossa. L'indice passa sul grilletto, la mano sinistra sotto l'ascella destra a contenere il rinculo. Il bersaglio ha percorso già 8 metri. L'ultima fettuccia si ferma, togliere un secondo a destra. Dieci metri percorsi, riporta l'indice destro sul grilletto e la mano sinistra sotto il braccio destro. Dodici metri percorsi. Regolarizza il respiro. Tredici metri percorsi. Apnea. Inquadra perfettamente la testa. Stop. Obiettivo Beta fermo, quattro decimi di secondo per aggiustare la mira sul bersaglio fermo. Fuoco.
Il proiettile entra sotto l'occhio sinistro, sembra quasi produrre una scintilla, esce da sotto l'orecchio destro per conficcarsi nella parete retrostante, e probabilmente attraversarla per intero, dopo aver lasciato dietro di sé qualcosa di ormai difficilmente riconoscibile come una testa umana.
Casualità tutte integre. Obiettivo Beta a terra.
Click. Attiva il piccolo telecomando, esplodono i fumogeni su tutto il monte, partono gli incendi programmati nella collina ad est. Diversivi funzionanti. Lascia libero sfogo al cuore che si fionda subito a frequenze che solo l'impressionante sbalzo di adrenalina può giustificare. Si alza di scatto e comincia a correre verso Ovest, ha 20 secondi per raggiungere, con la mimetica, lo zaino ed il Barret M82, il rifugio a 90 metri di distanza prima che l'elicottero possa arrivare in zona. Le strisce di stoffa grigie, verdi e marroni dell'elmo, del fucile e della mimetica, saltano al ritmo dei suoi passi, uno spettacolo affascinante, quasi ipnotico, ed è suo compito fare sì che nessuno se lo possa godere. Rifugio. Il suo lavoro è finito, tornerà a casa più tardi, e sparirà.

In poltrona, con un sigaro da mission accomplished in bocca e un bicchiere di rosso di scarso pregio sul tavolino, finalmente capisce l'angoscia della guerra di liberazione che suo nonno gli raccontava senza riuscire a fargliela comprendere: ha ucciso un uomo, ma ne va fiero. Si spaventa di sé stesso ma non prova rimorso per aver ucciso un uomo, quest'uomo, a sangue freddo: ha appena liberato il suo paese, è un patriota, un liberatore, un partigiano...

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