mercoledì 2 luglio 2008

L'infinito caso Emanuela Orlandi.


Ventitre anni fa avveniva un fatto di cronaca che, in breve tempo, si rivelò come uno dei misteri più complicati e contradditori della storia del nostro paese, ancora oggi insoluto.



Proviamo a mettere in ordine le cose.



Era il 22 Giugno del 1983 quando, nel centro di Roma, scompariva nel nulla la giovanissima Emanuela Orlandi, all’epoca appena quindicenne, uscita di casa e mai più ritornata.

Emanuela Orlandi frequentava una scuola di musica in Piazza S.Apollinare a Roma. Il giorno della scomparsa, nel tragitto che dal Vaticano la portava alla scuola, incontrò uno sconosciuto, alla guida di una BMW verde, che le offrì un lavoro di volantinaggio per la Avon (azienda di cosmetici), da svolgere durante una sfilata di moda e pagato esageratamente (circa 375.000 lire). Emanuela rispose che prima di accettare avrebbe dovuto chiedere il permesso ai genitori. Verso le ore 19:00, dopo essere uscita in anticipo dalla lezione, telefonò a casa per riferire la proposta che le era stata fatta e la sorella le disse di parlarne con la madre. Questo fu l'ultimo contatto che ebbe con la famiglia.
Dopo la telefonata, si confidò con un'amica e compagna della scuola di musica, Raffaella Monzi , che la accompagnò alla fermata dell'autobus, lasciandola alle 19:30. Poco dopo, Emanuela fu vista conversare con una ragazza sconosciuta e mai in seguito identificata. Più tardi, un vigile urbano in servizio davanti al Senato la vide parlare con un uomo a bordo di una BMW nera, altri testimoni la videro salire sull'auto.


Si susseguono le telefonate, e si apre una pista importante: a casa Orlandi arriva la telefonata di un uomo, tale Pierluigi, che parla un italiano senza inflessioni dialettali e dice di essere stato spinto a chiamare dalla propria fidanzata che avrebbe incontrato, a Campo dei Fiori , due ragazze. Una di queste, che si era presentata come Barbara, vendeva cosmetici ed aveva con sé un flauto. Un amico le aveva consigliato di suonare in pubblico ma "Barbara" si era rifiutata. Per farlo, infatti, avrebbe dovuto indossare gli occhiali, di cui però si vergognava.

Tre ore più tardi, in una seconda telefonata, "Pierluigi" aggiunge un altro particolare significativo: gli occhiali della ragazza sono "a goccia, per correggere l'astigmatismo".

Per la famiglia, si apre uno spiraglio di speranza: era vero, infatti, che Emanuela era astigmatica, era vero che provava imbarazzo per gli occhiali ed era altrettanto vero che suonava il flauto.

Il giorno successivo, una nuova telefonata. "Pierluigi" afferma di avere 16 anni e di trovarsi in un ristorante di una località marina, insieme ai propri genitori, ed aggiunge che "Barbara" avrebbe dovuto suonare al matrimonio della sorella, ma non fornisce elementi per rintracciare la ragazza e rifiuta un appuntamento in Vaticano che lo zio di Emanuela gli chiede. Il 28 giugno, altra telefonata, altra persona. Mario, che dichiara di avere 35 anni e ha un forte accento romano, sostiene di aver visto un uomo con due ragazze, che vendevano cosmetici. Una delle due dice di chiamarsi Barbara e di essere di Venezia.

Potrebbe essere Emanuela? Pierluigi e Mario si conoscono? Potrebbero far parte della stessa organizzazione? I dubbi si affollano nella mente dei genitori fino a quando arriva una seconda telefonata di "Mario", il quale afferma che "Barbara" gli avrebbe raccontato di essersi allontanata volontariamente da casa, cosa impossibile secondo la famiglia.

I due telefonisti perdono quindi credibilità agli occhi dei genitori. Pare si possa escludere che si sia trattato di comuni rapitori, i quali, se avessero puntato al riscatto, avrebbero avuto tutto l'interesse a dimostrare di avere in mano l'ostaggio.

Alfredo Sambuco, il vigile urbano che prestava servizio davanti al Senato in corso Rinascimento a Roma il 22 giugno 1983, giorno della scomparsa di Emanuela Orlandi, ha sostenuto di aver scambiato qualche parola con la ragazza, che gli aveva chiesto dove fosse la sala Borromini, e con l'uomo che era con lei e che si presume coinvolto nel suo rapimento. L'uomo, che aveva una BMW di colore scuro metallizzato, gli aveva chiesto se poteva lasciare lì la sua auto. Il vigile ricorda che l'uomo era intorno ai trentacinque anni, alto all'incirca m. 1,70 e longilineo. Sulla base della sua descrizione i Carabinieri hanno preparato un identikit dell'uomo, che sembra non sia mai stato diffuso. Secondo il racconto di Sambuco, quando gli inquirenti lo hanno esaminato, avrebbero detto che assomigliava molto a una persona che loro conoscevano, ma che non poteva essere in Italia.

Questo identikit è stato mostrato da "Chi l’ha visto?" e messo a confronto con una fotografia di Enrico De Pedis. Sovrapponendo le due immagini, i tratti somatici, la fronte, gli occhi, il naso, la bocca, le rispettive forme e proporzioni sembrerebbero corrispondere.

All'epoca dei fatti, ossia nel giugno del 1983, Enrico De Pedis detto "Renatino" era ricercato e, in quanto latitante, per le forze dell'ordine avrebbe anche potuto trovarsi all'estero. L'anno seguente egli venne arrestato, ma, nonostante la somiglianza con l'identikit, non è mai stato messo a confronto con il vigile urbano. Secondo Nicolò D'angelo, uno dei protagonisti dell'indagine che ha portato ai grandi arresti della Banda della Magliana, "non c'è nessuna prova processuale che la Banda della Magliana sia coinvolta nel sequestro della Orlandi". Ma resta il grande mistero della sepoltura di De Pedis in una basilica del Vaticano.

E’ a questo punto che cominciano ad entrare in gioco poco chiari collegamenti con lo IOR, la Banda della Magliana e i numerosi intrecci politici della vita di Giovanni Paolo II, che tra tutti i soprannomi che ha visto attribuirsi ha sempre evito quello di “Papa politico” che forse gli si addiceva maggiormente.

I collegamenti con le vicende del Papa polacco sono i primi ad emergere.



Emanuela Orlandi e il Papa politico.

Domenica 3 luglio 1983 il Papa, durante l'Angelus, rivolse un appello ai responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi, ufficializzando per la prima volta l'ipotesi del sequestro.

Il 5 luglio, un uomo che è stato denominato "l'Americano", fece ascoltare al telefono una registrazione della voce di Emanuela Orlandi. Poche ore prima, in una telefonata al Vaticano, la stessa persona suggerì uno scambio tra Emanuela Orlandi e Alì Agca, l'uomo che aveva sparato al Papa. L'interlocutore anonimo citò anche i sedicenti Mario e Pierluigi delle prime telefonate, definendoli 'elementi dell'organizzazione'.

Un'ora dopo, l'uomo chiama a casa Orlandi, e fa ascoltare ai genitori un nastro con una voce di ragazza, che potrebbe essere Emanuela. Ma la registrazione potrebbe essere stata precedente alla scomparsa della ragazza.

Il 6 luglio un uomo con voce giovanile e senza inflessioni dialettali informò l'agenzia Ansa della richiesta di scambio Orlandi-Agca, chiedendo l'intervento del Papa, dando una scadenza di 20 giorni e indicando un cestino di Piazza del Parlamento, dove era stata lasciata la presunta prova che Emanuela Orlandi era davvero in mano loro. Si trattava di fotocopie della tessera della scuola di musica, di una ricevuta di pagamento e di una frase manoscritta della ragazza rapita.

Sulla base dei suoi immediati interrogatori di Alì Agca, il primo magistrato che si è occupato del caso Orlandi, il Procuratore della Repubblica di Frosinone Margherita Gerundi, non ha mai creduto a un collegamento tra il rapimento Orlandi e l'attentatore del Papa. Secondo la dr.ssa Gerundi, Emanuela Orlandi probabilmente fu rapita e uccisa subito dopo un atto di violenza sessuale.

Si intuì quindi che la scomparsa di Manuela poteva costituire un messaggio-ricatto per il Papa e quindi si cominciò ad investigare sulle probabili connessioni con Alì Agca, prima cercando nel sottobosco dei servizi segreti turchi, poi scoprendo una pista bulgara che non portò a nulla ed infine tornando di nuovo sui turchi ed identificando il gruppo estremista Turkesh al quale Agca pare appartenesse.

In seguito si scoprì che il gruppo Turkesh in realtà era un depistaggio, forse creato dallo stesso Sisde, visto che ai servizi italiani fu chiaro da subito che nella partita c’erano davvero tutti: membri del Vaticano, il Kgb e la Cia ed in seguito persino i servizi segreti francesi e tedeschi .
Non è ancora affatto chiaro, per i casi di depistaggio, se si trattasse di azioni da parte di settori deviati oppure operazioni segrete avvallate dai rispettivi governi.
Secondo alcuni investigatori la pista turca fu un’invenzione della stessa Cia per coprire una serie di operazioni internazionali e in concorso tra vari paesi.

Altre persone invece, come il Presidente della Corte di Assise Severino Santiapichi o il PM Antonio Marini, erano convinte che il caso di Emanuela Orlandi fosse in realtà tutta una speculazione ed abbia fatto da cassa di risonanza ad una serie di interessi internazionali, ciascuno dei quali abbia usato Manuela per lanciare un messaggio a qualcun altro.

Nelle indagini da parte del Sisde, a riguardo di Agca e di chi c’era dietro di lui, i servizi segreti italiani scoprirono di essere soli ed osteggiati. Il Vaticano ed i servizi segreti francesi non aiutarono le indagini, anzi, questi ultimi si opposero addirittura ad esse impedendo la cattura di Oral Celik, amico fraterno di Agca, che sembrava potesse sapere dove era tenuta prigioniera Emanuela.

Nelle indagini di allora entrarono a far parte anche i servizi segreti tedeschi che a Parigi erano disposti ad offrire ben 150 mila marchi ad un informatore francese se li avesse messi sulle tracce di Celik, ma anche loro fallirono. Questo Celik, con il senno di poi, appare come un personaggio protetto dai servizi segreti francesi. Perché?

A questo non è stata data ancora risposta ma una cosa strana emersa con gli anni è che gli stessi servizi francesi tentarono di avvisare il Papa nel 1981 sia dell’attentato sia, in seguito, del rapimento.
Il capo dell’Intelligence francese De Marenches ha dichiarato che nel 1980 mandò un abate dell’ordine dei Premonstratensi di San Pietro a parlare con alcuni esponenti del vertice vaticano ed avvertire il Papa del pericolo di un attentato. Il messaggio non arrivò mai a Wojtyla, anzi l’establishment della Santa Sede negò ogni incontro.
Chi fece questo e perché? Il Papa era isolato in Vaticano? Altri misteri senza risposta (almeno per l’opinione pubblica) visto che, ufficialmente, le indagini non sono mai riuscite ad approdare a niente.

Sembrerebbe troppo ampio il respiro della vicenda, ed è forse per questo che entra in campo l’ Americano.

Emanuela Orlandi e lo IOR.

Mentre l'Americano, così chiamato per il suo strano e artefatto accento, continuava a chiamare, l'8 luglio 1983 un uomo con inflessione mediorientale telefonò a Laura Casagrande, una compagna di classe di Emanuela Orlandi dicendo che la ragazza era nelle loro mani, che avevano 20 giorni di tempo per fare lo scambio con Alì Agca, e chiedendo una linea telefonica diretta con Agostino Casaroli, Segretario di Stato del Vaticano. La linea fu installata il 18 luglio. Le telefonate dell'Americano continuarono, alternandosi alle indirette risposte pubbliche del Papa, ben sette, e all'atteggiamento ambiguo di Alì Agca, ormai condannato definitivamente, che pubblicamente si dissociava da quella che lui stesso definì un'azione criminosa, dichiarandosi a favore del Vaticano.

Il 4 luglio 2005 uno spettatore, un giornalista che stava scrivendo un libro sul caso di Roberto Calvi, ha chiamato durante la trasmissione “Chi l’ha visto” riferendo che, durante un intervista, il figlio del banchiere ucciso in circostanze misteriose avrebbe dichiarato che il rapimento della Orlandi sarebbe strettamente connesso alla vicenda del padre. Secondo lui sarebbe stato un tentativo di fare pressioni sul Vaticano affinché nessuno facesse rivelazioni su vicende che avrebbero visto coinvolto il Vaticano con il Banco Ambrosiano.


Secondo alcuni giornali e pubblicazioni, l'identikit dell'Americano, stilato dall'allora vicecapo del SISDE Vincenzo Parisi in una nota rimasta riservata fino al 1995, corrisponderebbe a monsignor Paul Marcinkus, che all'epoca era presidente dello IOR, la "banca" vaticana: gli specialisti del SISDE, analizzando i messaggi e le telefonate pervenute alla famiglia, per un totale di 34 comunicazioni, ne ritennero affidabili e legati a chi aveva effettuato il sequestro 16, che riguardavano una persona con una conoscenza approfondita della lingua latina, migliore di quella italiana (che probabilmente era stata appresa successivamente al latino), probabilmente di cultura anglosassone e con un elevato livello culturale e una conoscenza del mondo ecclesiastico e del Vaticano, oltre alla conoscenza approfondita di diverse zone di Roma (dove probabilmente aveva abitato).


Le vicende di Marcinkus, Calvi, Sindona, lo IOR, ipotetici o meno legami con regimi dittatoriali sudamericani o organizzazioni politiche dell’est son già talmente complessi che preferisco lasciare ora il legame alla coscienza di chi già abbia delle idee sulla questione, passando a valutare il legame con la Banda della Magliana.


Emanuela Orlandi e la Banda della Magliana.

Nel luglio del 2005 , alla redazione del programma "Chi l'ha visto?", in onda su Rai Tre, arriva una telefonata anonima in cui si dice che per risolvere il caso di Emanuela Orlandi è necessario andare a vedere chi è sepolto nella basilica di S.Apollinare .

Dopo questa segnalazione "Chi l’ha visto?" ha scoperto importanti documenti riservati.

Nel centro di Roma, nei pressi di piazza Navona, si trova la basilica di Sant'Apollinare. Nella cripta, dove riposano le spoglie di Papi, cardinali e martiri cristiani, effettivamente c'è la tomba di Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei capi più potenti della Banda della Magliana, assassinato il 2 febbraio 1990. Il 6 marzo seguente il rettore della basilica, mons. Piero Vergari, ne ha attestato con una lettera lo status di grande benefattore: "Si attesta che il signor Enrico De Pedis nato in Roma - Trastevere il 15/05/1954 e deceduto in Roma il 2/2/1990, è stato un grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica ed ha aiutato concretamente a tante iniziative di bene che sono state patrocinate in questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana".

Quattro giorni dopo l'allora Vicario generale della diocesi di Roma e presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), il cardinale Ugo Poletti, ha rilasciato il nulla osta alla sepoltura di De Pedis all'interno di sant'Apollinare. Il 24 aprile dello stesso anno la salma di De Pedis è stata tumulata e le chiavi del cancello sono state consegnate alla vedova.

Nel 1995 il magistrato responsabile delle indagini sulla Banda della Magliana, dr. Andrea De Gasperis, venuto a conoscenza di voci sul fatto, aveva incaricato la Direzione Investigativa Antimafia di verificare. Nell'estate del 1997 la notizia era apparsa sulle pagine del quotidiano romano "Il Messaggero", suscitando la protesta dei sindacati di Polizia e una interrogazione parlamentare del gruppo della Lega Nord. Nè il Vaticano nè l'Opus Dei, che nel 1992 aveva acquisito la struttura della basilica, avevano accettato di risponderne alla magistratura e tutto era caduto nel dimenticatoio.

Il il 20 febbraio 2006 , un pentito della Banda, Antonio Mancini, sostiene, di fronte alle telecamere di "Chi l'ha visto?", di aver riconosciuto nella voce di Mario quella di un killer al servizio di De Pedis, tale "Rufetto". Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica però, non hanno confermato quanto dichiarato da Mancini. Recentemente a tal proposito è giunta alla redazione del già citato programma di Rai Tre una cartolina raffigurante una località meridionale che presentava il seguente testo : "Lasciate stare Renatino".


Ma il Mancini, considerato testimone attendibile, e uno dei fondatori della banda, rincara la dose:

"Quale era il rapporto col Vaticano? De Pedis stoppò tutti gli attacchi al Vaticano; aveva un rapporto basato sul danaro. Posso citare 4 episodi: Rosone, le foto del papa, Calvi e il caso Orlandi."


Vediamo di capire a cosa si riferisce.



Rosone era il vicepresidente del Banco Ambrosiano: sfuggì ad un attentato, ad opera di Danilo Abbruciati, un altro boss della banda, il quale morì sotto i colpi della guardia giurata della banca.

L'episodio delle foto del papa è misterioso e riguarda delle foto (intime?) scattate al papa ai bordi di una piscina.

Del rapimento Orlandi, Mancini ha detto che è stata opera della banda della Magliana. Anzi "è strano che Abbatino, che pure sa, non ha mai detto nulla".



E giungiamo agli ultimi sviluppi.



Emanuela Orlandi e il caso riaperto.


Il 23 giugno del 2008, esattamente un giorno dopo il venticinquesimo anniversario della scomparsa di Emanuela Orlandi, la stampa italiana ha riportato le dichiarazioni agli organi giudiziari di Sabrina Minardi, ex-moglie del calciatore della Società Sportiva Lazio Bruno Giordano, che tra la primavera del 1982 ed il novembre del 1984 ebbe una relazione con Enrico De Pedis. Secondo quanto detto dalla Minardi, Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa ed il suo corpo, rinchiuso dentro un sacco, sarebbe stato gettato in una betoniera a Torvaianica. Sempre stando a quanto riferito da Sabrina Minardi, il rapimento di Emanuela Orlandi sarebbe stato effettuato materialmente da Enrico De Pedis, su ordine del monsignor Paul Marcinkus. La ragazza avrebbe trascorso la sua prigionia in un'abitazione, vicino a Piazza San Giovanni di Dio, che aveva "un sotterraneo immenso che arrivava quasi fino all'Ospedale San Camillo". Di lei si sarebbe occupata la governante della signora Daniela Mobili; secondo la Minardi, la Mobili, sposata con Vittorio Sciattella, era vicina a Danilo Abbruciati, altro esponente di spicco della Banda della Magliana. Le dichiarazioni della Minardi, benché siano state riconosciute dagli inquirenti come confuse e parzialmente incoerenti, sono risultate abbastanza circostanziate da portare ad un supplemento di indagini sul caso.



L’articolo di repubblica.it



In occasione dei 25 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi i familiari hanno fatto affiggere nella capitale e nelle regioni dove è presente l' associazione Penelope un manifesto identico a quello apparso sui muri di Roma nel 1983 e che è diventato una icona del caso. Questa volta è stato affisso accanto ad un altro, preparato con la stessa grafica, con la foto e i dati di Mirella Gregori, la cui scomparsa è stata spesso associata a quella della Orlandi in questi anni. In questo modo si è voluto ricordare a tutti anche l'attesa dei familiari delle tante persone scomparse i cui casi non hanno avuto la stessa visibilità di quelli delle due ragazze romane.

Per la prima volta Maria Orlandi, la madre di Emanuela, ha rilasciato un'intervista nella quale ha ricordato alcuni episodi della vicenda. Come quando, qualche giorno prima della scomparsa, Emanuela era quasi arrivata a casa di ritorno dal mare e stava camminando con delle amiche: un'auto l'aveva affiancata e un uomo ne era sceso, afferrandola per un braccio e dicendo: “E' questa”. La signora ha ricordato anche la rabbia del marito Ercole, venuto a mancare nel 2004, quando aveva appreso della protezione assicurata ad altre cittadine vaticane che avevano avuto la sensazione di essere pedinate in quel periodo. La figlia di Angelo Gugel, l'aiutante di camera di Giovanni Paolo II, la moglie e la figlia del capo della sorveglianza pontificia, Camillo Cibin, erano state avvertite e avevano potuto cambiare abitudini. Secondo Maria Orlandi il Vaticano sarebbe stato informato dai servizi segreti francesi dell'esistenza di un progetto di rapimento di una sua cittadina. Ma la famiglia Orlandi non era stata avvisata.

Le sorelle delle due ragazze scomparse nel 1983, Natalina, Federica e Cristina Orlandi e Antonietta Gregori, sono intervenute in studio. Federica Orlandi, l'ultima persona che ha parlato con Emanuela, ha ricordato la telefonata nella quale la sorella le ha detto della strana proposta di lavoro ricevuta da un sedicente rappresentante della Avon. Cristina, la sorella che l'ha aspettata invano al di là del ponte sul Tevere quel 22 giugno 1983, ha ricordato lo sgomento di non trovare Emanuela a casa come aveva creduto. Antonietta Gregori si è rivolta a chi può aiutare a chiarire i collegamenti della scomparsa della sorella Mirella con quella di Emanuela Orlandi.

Nelle ore precedenti la trasmissione erano stati diffusi ampi stralci dell'interrogatorio "segreto" di una cosiddetta supertestimone, rilanciati dall'agenzia Agi e ripresi dai telegiornali e dai siti dei principali quotidiani.

Nel 2006 “Chi l'ha visto?” era riuscito a intervistare Sabrina Minardi che aveva già parlato dei legami che Enrico De Pedis aveva con la mafia siciliana, la loggia massonica P2 e Roberto Calvi del Banco Ambrosiano, anche se aveva escluso un proprio coinvolgimento nella scomparsa di Emanuela Orlandi. In una parte non trasmessa della stessa intervista Sabrina Minardi aveva anche raccontato di avere accompagnato Enrico De Pedis, quando era latitante, a due cene in casa del senatore Giulio Andreotti. Episodi che adesso la donna avrebbe raccontato anche nelle sue deposizioni.

Natalina Orlandi, precisando di non avere ricevuto alcuna comunicazione dalla Procura di Roma sugli interrogatori della Minardi, si è detta preoccupata per questa fuga di notizie.

Durante la trasmissione, un amico di Emanuela Orlandi ha telefonato per riferire che il giorno prima della scomparsa, mentre si trovava insieme alla ragazza e ad altri amici, aveva avuto la sensazione che li stesse pedinando un giovane, del quale però ha detto di non ricordare il volto. Questa persona li avrebbe seguiti lungo tutto il tragitto dal Vaticano a viale Giulio Cesare, fino al ritorno a casa di Emanuela Orlandi. Può darsi che qualcuno del gruppo di amici di quel giorno ricordi maggiori particolari, che potrebbero essere utili. Un invito in questo senso è stato fatto anche dal fratello di Emaneula Orlandi, Pietro, in collegamento dalla Casa del Jazz di Roma, allestita in una villa confiscata nel 2001 al cosiddetto cassiere della Banda della Magliana, Enrico Nicoletti, che l'aveva acquistata dal Vicariato di Roma per 400 milioni di lire a fronte di un valore all'epoca stimato in almeno 21 miliardi. Dopo avere espresso rammarico per il mancato nuovo appello del Papa, che era stato chiesto dalla madre Maria, Pietro Orlandi ha chiesto di farsi viva alla ragazza mora con i capelli ricci che il giorno della scomparsa era alla fermata dell'autobus dove le amiche accompagnarono Emanuela. La ragazza, che non è mai stata identificata, potrebbe aver frequentato la sua stessa scuola di musica. Forse potrebbe essere stata lei l'ultima persona ad averla vista e avere notato qualcosa di importante.

Alla fine di tutta questa storia, che probabilmente così prossima alla fine non è, si riesce solamente a comprendere che tra il Vaticano e la Banda della Magliana ci fossero fin troppi legami, che Marcinkus e tutto il Vaticano siano al centro di non pochi casi “oscuri” e soprattutto oscurati e che citando qualcuno che come al solito non è da escludere che c’entri qualcosa “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”.

Alla luce di tutta la vicenda non paiono poi neanche così strampalate le tesi di chi immagina un traffico di ragazzine per qualche “predecessore della dottrina della diocesi di Boston”, di chi pensa che qualcuno piuttosto in alto avesse scelto un obiettivo particolare e poi qualcosa sia andato storto, o anche di chi ipotizza giochi di potere, minacce, atti di forza internazionali sullo sfondo delle vicende del Banco Ambrosiano, fatti sulla pelle di una ragazzina.

Di complottasti è pieno il mondo, ed ognuno vuol dire la sua e più la racconta strana e complicata meglio pensa di aver operato, ma in questo caso riuscire a formulare un’ipotesi che alla luce dei fatti possa essere definita assolutamente infondata, richiede veramente una grandissima fantasia.

Le indagini sono riaperte, potremo ancora essere presi in giro per un po’ prima di trovarci nuovamente di fronte ad un’altra Ustica.

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