martedì 25 dicembre 2012

1631984

Sta seduta allo Starbucks dell'aeroporto di Amsterdam, posa sul tavolo un peluche portachiavi, cinquantun'anni e una tazza di caffè. Fissa la sua tazza di caffè e ci infila lo sguardo talmente dentro da far pensare che non lo tirerà mai più fuori. La Patrizia la chiamano tutti Patty, praticamente da sempre, fin da quando era una bambina bionda che andava sempre in giro con una gallina di peluche che chiamava Gallina (beh oddio, all'inizio si chiamava Gaiina). Ormai è passato qualche anno da quando ha cominciato ad odiare il suo principe ed ha cominciato solo a piangere, odiare, ed odiarsi. Lei si era sempre sentita la sua principessa, era sempre stata al centro dei suoi pensieri, sapeva di avere sempre il suo principe pronto a correre a salvarla sul bianco Pony, già, un Pony, perché alla Patty da piccola piacevano i Pony, i cavalli seri le erano sempre sembrati troppo grandi e non aveva mai avuto un peluche di un cavallo vero, quindi il suo principe arrivava sul bianco Pony. Poi arrivò il 16 marzo 1984. Da qualche tempo la Patty aveva trovato un altro principe, e tenuto sempre più lontano il primo, che non riusciva ad accettare di perdere la sua principessa. La Patty ormai non voleva più suo padre come principe sul Pony, si era trovata il suo Principe Azzurro sul bianco destriero e si sentiva di volare. Fu quel 16 marzo che il Principe Azzurro sparì, una lettera, roba da non crederci oggi... "Credo che abbia ragione tuo padre, addio, ti amerò per sempre". Cazzo, conciso il ragazzo, con quello che costavano i francobolli poteva sforzarsi di più. E' da allora che la Patty ha bisogno di un principe, non le interessa più il colore, o il cavallo, chiama principe chi le sorrida tre volte di fila e le parli di peluches; ne ha conosciuti tanti, ed è stata la principessa di tutti, o meglio ha detto, prima di tutto a se stessa, di esserlo stata. La principessa di tutti, o la principessa di nessuno, il confine lo sente più labile che mai. E' oggi, in quel caffè, che rivede se stessa e realizza di non averlo mai cercato, dopo quel 16 Marzo 1984, ma di aver solo chiamato "principe" un passante dietro l'altro, e di non aver mai voluto essere una principessa, ma solo di averlo detto, di esserselo detto, solo di aver cercato di farla pagare ai suoi due principi, quelli che le hanno creato quel grande vuoto: quello che ha cacciato il Principe Azzuro, e il Principe Azzurro che non ha lottato per lei. Si sentiva rasserenata nella vendetta, a chiamare principe chiunque incontrasse, a sbatterlo in faccia a quelli che sapeva essere gli unici due a poterla far essere una principessa ma che non l'avevano voluto fare. Posa il cucchiaino e si chiede se invece non avessero potuto. Beve un altro sorso di caffè e pensa che forse non erano riusciti. Alza lo sguardo verso il tramonto e, a cinquantun'anni, si rassegna all'idea di essere stata lei ad averglielo impedito.

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