lunedì 28 novembre 2011

Romanzi

Ormai è una settimana che siede sulla stessa panchina, e non è che abbia capito perchè, però c'è il sole, e ogni mattina alle otto arrivano quelle due a fare ginnastica. A sessant'anni, dopo quaranta di un lavoro che si è sempre un po' vergognato a definire tale, si ritrova a passare le proprie mattinate a pensare su di una panchina, a guardare culi e leggere i libri che avrebbe sempre voluto scrivere. Non è che sia più così facile capire quando ha smesso di raccontare gli orgasmi cui ha assistito, o alla realizzazione dei quali ha contribuito, e quando ha cominciato a descrivere quelli che ha sognato, però gli è sempre rimasto piuttosto chiaro il periodo in cui ha iniziato a inventarseli di sana pianta. Un biglietto in cucina, poche righe, e all'improvviso la consapevolezza che oltre al cesso, al suo studio, e alla camera da letto, la sua casa aveva un sacco di altre stanze con un sacco di robaccia mai vista. Scrivere romanzi e racconti Hard gli ha permesso di fare un mucchio di soldi senza che nessuno gli andasse a rompere i coglioni, niente foto in quarta di copertina, uno pseudonimo che già sembrava imbecille quarant'anni fa, venticinque milioni di copie vendute, la ricchezza dei ricchi veri, quella di chi la Ferrari la nasconde, non la mostra. Da quel biglietto ha scritto un solo romanzo, e poi si è messo a pensare, sono cinque anni che pensa, e nell'ultima settimana pare essere una panchina di abete, o pino, o ciliegio, si è chiesto più volte perché non gliene freghi niente di quale sia il legno giusto, il suo pensatoio. Sono cinque anni che cerca di capirsi, di capire la sua vita, il perché abbia sempre evitato il proprio pubblico, il perché abbia scelto la ragazza più bella del cineforum, e cosa esattamente lei abbia fatto nella propria vita per vent'anni accanto a lui, il perché non l'abbia mai tradita, il perché la sua casa sia piena di oggetti di cui non conosce neanche il nome, figuriamoci la funzione. Si chiede il perché di vent'anni con quella donna. Il perché quella panchina possa essere di abete, o di pino o di ciliegio. Il perché i due corpi plastici delle ragazze che fissa da una settimana non rappresentino più lo stimolo per scrivere qualcosa, o anche solo per andarsi a masturbare da qualche parte. Oggi Marco tornerà a casa, scoprirà quale sia l'essenza delle doghe della panchina, capirà il perché, e scoprirà che a sessant'anni non si è troppo vecchi per accettare di essere gay.

1 commento:

Wanda ha detto...

Credo sia unracconto coinvolgente a livello mentale,ti senti trasoprtato nella mente di Marco, vedi e senti come lui...sembra molto di rivedere in forma scritta la vita di un grande attore come peter seller...!ah verde sei proprio bravo.