sabato 26 gennaio 2013

Godfrey

Godfrey Jhones è nato a Pasadena, California, come Missy Franklin, quella bella come i debiti ma che ha vinto 5 medaglie a Londra 2012.
Fin da quando è piccino l'hanno sempre chiamato God, e come cazzo lo volevi chiamare uno che si chiama Godfrey? Il problema è che God si è rotto i coglioni di essere ateo ed essere chiamato God. Allora al grido di "Mi sono sempre chiesto se c'è un dio, adesso lo so: c'è, e sono io..." all'età di 40 anni precisi si reca all'ufficio dell'anagrafe di Pasadena, California a chiedere di cambiare nome. God chiede di chiamarsi Giampiero Galeazzi grazie al vecchio amore per Domenica In che si porta dietro fin da quando aveva 50 anni. Per uno strano caso del destino il funzionario dell'anagrafe, forse confuso dalla pronuncia italiana, lo iscrive come Gigetto Er Caciottaro. Gigetto torna a casa, guarda la nuova ID Card e decide di ascoltare una canzone pallosa e di andarsene affanculo.

Bene, adesso se pensate che tutto questo sia un confuso casino pieno di scopiazzature e senza alcun senso, guardatevi 007 Skyfall e poi venitemi a chiedere scusa, che io come un cretino me lo sono guardato due volte quasi per intero, e ho bisogno di ricevere delle scuse da qualcuno.

mercoledì 23 gennaio 2013

Al tre

-Non me ne frega niente di quello che dice il dermatologo.
-Ah beh, allora sai tutto te...
-Certo che so tutto io, la saponetta al sandalo mi fa schifo, la fanno con gli ebrei.
-Ma come fai a dire 'ste cazzate?
-Lo so io, l'ho sentito in TV: i nazisti ci facevano le saponette!
-Ma che c'entra il sandalo? Ha un buon profumo e purifica la pelle.
-Ma che cazzo dici? Gli ebrei puzzano e non me li strofino certo addosso, le saponette le uso solo al miele e quel dermatologo sarà un coglionazzo finocchio ebreo anche lui. Dov'è che l'hai visto?
-Da Barbara D'Urso!
-Ma vaffanculo, quella fammela vedere solo quando fa un porno, ma solo se sta zitta, non come la Tommasi. E sa una sega lei delle saponette ebree.
-Si va beh, continua a lavarti con il miele da Cacia. Che poi dove cazzo è Cacia? Almeno è in Italia?
-Acacia imbecille!
-E dov'è?
-E' la razza della vespa che fa il miele, c'è quella Eucalipta, quella Erika e quella Acacia.
-Che animali del cazzo le vespe.
-Non sono animali, sono insetti.
-Come i ragni?
-Eh.
-Ma falla finita, ora una vespa che fa il miele è uguale a un ragno o a uno scarafaggio?
-Ma che ne so, sarà la biomeccanica lì, quella roba di quella fica di legno che fa la geografia sul Tre. Forse sono insetti quelli che producono qualcosa.
-Eh, la vespa fa il miele, il ragno la ragnatela, ma lo scarafaggio che fa?
-Lo scarafaggio produce merda, non la guardi mai la TV? Fa queste palle di merda e le fa rotolare.
-Che animale del cazzo.
-E' un insetto testa di cazzo! Te l'ho appena detto!
-Sì va beh, a me un animale che mi piace è il coccodrillo.
-Cazzuto il coccodrillo, ma quello americano, che è più grosso, no quello italiano che c'ha le zampe fini e lunghe e sembra una specie di coccodrillo finocchio.
-Eh sì, lui sta zitto e poi attacca e ammazza la gente. Poi è intelligente.
-Cioè?
-E' tipo capisce le bestie che uccide mi sa, che dopo che le uccide e le mangia, piange, vuol dire che sa ragionare.
-Piange? Sì, e chiama la mamma?
-Ma vaffanculo, pensa al tuo sapone di merda di vespa.
-Quando cazzo arriva il lambretta?
-Ma che ne so, te premi questa ferita che se non arriva alla svelta questo stronzo ci rimane secco. E la colpa è la tua, ma ci beccano tutti.
-Oh vaffanculo, lo potevi vedere anche te!
-Anche io un cazzo, era chiaro: io facevo le casse, il Torba il direttore e te tenevi sotto le guardie.
-Sapevo una sega io che c'era quello di la.
-Dai zitto, quello è il furgone del lambretta, aiutami qui. Alzalo al tre.

venerdì 18 gennaio 2013

Django, la D è muta

Eccoci qua, un mago del cinema torna nelle sale dopo il vergognoso furto delle tre statuette che contano per la pagliacciata del 8 Marzo (ringrazia lo scialbo sminatore), e io non posso non parlarne.
Tarantino torna con Django Unchained e offre al mondo la sua visione del Western. Una visione che risente tantissimo dello Spaghetti Western per un prodotto che racconta tutto Tarantino. Bello, bellissimo, che ci sia qualcuno i cui film sono immediatamente riconoscibili e il personaggio del solito Waltz è tanto eccezionale quanto il Colonnello Landa (i due personaggi, a dirla tutta, si somigliano moltissimo).
Django Unchained è Tarantino, più nella prima parte che nella seconda, un film che parte surreale solo come i film di Tarantino sanno essere per poi allinearsi un po' di più e arrivare ad uscire in parte dalle corde del regista. Solito film stracolmo di citazioni, la più bella a mio modo di vedere è stilistica, e risiede nei primi piani degli sguardi dei protagonisti, marchio dei Western all'italiana. Poi una chicca di cui parlerò alla fine.
Tarantino cede qualcosina sui suoi famigerati dialoghi (non abbiamo il quarto di libbra con formaggio nè il latte delle vostre vacche nè qualcuno che ha fatto un bingo) ma costruisce alcuni personaggi strepitosi, Schultz (Waltz) è un personaggio riuscitissimo, il Django (Foxx)che si sceglie i vestiti è uno spettacolo, Monsieur Candy (Di Caprio) altro personaggio riuscito, ma il capolavoro è messo in mano a uno degli alfieri di casa Tarantino, Samuel L.Jackson che con il maggiordomo Stephen offre (almeno a livello di mimica) una prova degna del miglior Bud Spencer. E voi direte, ma che paragone cretino è? Certo, ma Jackson, attore strepitoso, entra in un personaggio comico di tale forza da ricordare, in un film che è omaggio allo Spaghetti Western, quello che per me era il "buffo" per antonomasia dei nostri sceriffi e banditi.
Il titolo che ho dato a questa recensione ha un senso, ed è un dialogo meraviglioso tra Foxx e Franco Nero, con il primo che, quasi risentito, spiega a Nero (Django nel '66) come doveva pronunciarsi il nome.
Tarantino si butta nella commedia alla Stanlio e Ollio in una scena e torna se stesso subito dopo, crea i suoi personaggi assurdi e spiazzanti ma intreccia una trama che nella seconda parte è quasi lineare, cede un millimetro sui dialoghi ma resiste coi suoi innumerevoli omaggi. Questo non è il suo capolavoro Sipovich, ma è un gran film in cui c'è tanto Tarantino, c'è una grande fotografia, c'è una regia di grande impatto, c'è una sceneggiatura che in fase di montaggio ha subito qualche aggiustamento, c'è una colonna sonora che è un tributo continuo, non c'è tanto Tarantino, c'è tutto Tarantino.
Forse gli manca lo spunto eccezionale di Inglourious Basterds, ma è un filmone.
Per ogni maschio italiano normale tra i 25 e i 45 anni l'ultima scena, gli ultimi 3 minuti di film, valgono almeno cinque volte il prezzo del biglietto. Non cercatevelo su youtube, andatevi a vedere un gran film e rimanete indecisi nel finale: mi diverto o mi commuovo.
Filmone.

giovedì 10 gennaio 2013

33-0

Franco è un Clown. Franco ha sempre fatto il Clown nella vita, non ha mai trovato niente di meglio da fare che strappare sorrisi, non ha mai pensato che esistesse qualcosa di meglio che riscaldarsi il cuore con i sorrisi che riusciva a strappare. Il cerone bianco steso sempre con la stessa passione, la pompetta del fiore sempre perfetta, l'elastico delle bretelle sempre tirato, ogni singolo giorno di una vita che non riesce neanche a definire troppo breve. In tanti a trentatre anni penserebbero che sia troppo presto, Franco pensa che non saprebbe resistere pensando di vivere un giorno senza strappare un sorriso, o almeno senza averci provato. Franco a trentatre anni fissa i travetti affiancati al muro e si chiede per la milionesima volta se non sarebbero stati più belli verniciati di bianco anche quelli, come le pianelle che ci riposano sopra. Quelli come lui lo sanno quando il gioco finisce, oggi Franco cede alla malattia di cui non ha voluto parlare a nessuno, e cede con lo spirito del vincitore che è riuscito a far sorridere fino all'ultimo giorno, del vincitore che ha saputo nascondersi per non strappare mai una smorfia o una lacrima, ma solo sorrisi. Oggi Franco vince trentatre a zero, e muore sapendo di essere riuscito a strappare un sorriso al giorno senza mai vedere qualcuno triste per lui. Tra qualche giorno qualcuno lo cercherà, tra qualche settimana qualcuno penserà che forse Franco non era forte quanto credeva di essere e aveva chiesto aiuto tante volte, quel qualcuno verserà una lacrima per lui, ma Franco se ne sarà già andato e non sarà mai trentatre a uno, la rete l'ha mantenuta inviolata fino al novantesimo, della moviola post-partita non gliene è mai fregato niente.