venerdì 20 agosto 2010

L'insostenibile leggerezza delle carte

Quando una cultura si fonda su un castello di carte poi alla fine i nodi vengono al pettine. Una sola cultura è riuscita a mascherare questi nodi, e ha mascherato pure il pettine e tutto il parrucchiere, e c'è riuscita, incredibilmente, riuscendo sempre a tenere un discorso separato dall'altro, per compartimenti stagni. Non si cade mai in contraddizione se non si permette di incrociare argomenti diversi. Pare poi allucinante, agli occhi dei meno "intellettualmente rilassati", che non ci si renda conto di quanto il castello di carte sia instabile, si trova praticamente in una bufera, ma nessuno si accorge che è già crollato da secoli.

Ieri ascoltavo al TG della "singolare" operazione di Sarkozy per levarsi di torno i Rom, non particolarmente incuriosito fino a quando è arrivato il commento, sorprendentemente intelligente, di monsignor Agostino Marchetto.

Città del Vaticano, 19 ago. (Adnkronos) - ''Non si possono prendere decisioni contro intere comunità senza l'applicazione al singolo individuo di queste decisioni in funzione dell'ordine pubblico, secondo quanto stabilito dalla stessa legislazione europea''. E' quanto ha affermato il Segretario del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, mons. Agostino Marchetto, commentando ai microfoni del Giornale Radio Rai i provvedimenti di espulsione generalizzata presi dal governo Sarkozy contro i rom di origine rumena.


Fonte.

Subito due i pensieri: primo, finalmente sento dire a qualcuno della Chiesa Cattolica "ama il prossimo tuo come te stesso"; secondo, eppure a me questa storia del giudicare i singoli per l'appartenenza a un gruppo ricorda qualcosa...

E infatti, venghino signori venghino al meraviglioso show della Chiesa che ogni giorno dice tutto e il contrario di tutto.
E parlando di Elton John eccolo l'alto prelato che si mette a sindacare sui gay.

”Meglio non nascere che vivere certe esistenze. Oggi i cattolici sono chiamati all’impegno militante, e davanti alla omosessualità francamente non se ne può più. Ora meglio che quella piazza la occupino i sani cattolici che i sostenitori del cantante tra i quali facile trovare soggetti dalle tendenze strane”


Questo è Monsignor Giacomo Babini. La notizia.

Io mi ero sempre chiesto come fosse possibile essere così ignoranti da poter dire "niente adozioni per le coppie gay"; pensavo che fosse impossibile sostenere che ci fosse il bisogno di una figura paterna e una materna e poi far crescere il bimbo in istituto; che fosse troppo idiota pensare che ogni coppia gay sia uguale all'altra, così come ogni coppia eterosessuale, sposata o meno; pensavo che fosse veramente idiota il pensare che i coniugi Romano di Erba fossero buoni genitori perché eterossessuali; che fosse lapalissiano che come viene esaminata OGNI coppia eterosessuale, in quanto OGNI singola coppia può essere adatta o meno a crescere un bambino, e di quale età, debba essere esaminata OGNI coppia gay, sperando di trovare anche solo una coppia che dia la possibilità ad un bambino di crescere in una famiglia; pensavo pensavo, e invece ancora siamo qui, non alle adozioni, manco alle unioni civili, ma pure al diritto, di tutti, etero, bisex, gay, preti, di vedere un concerto messo in discussione per la presenza del mostro omosessuale tra il pubblico.

Anno di grazia 2010.

Pikkonate

Oggi, dopo giorni in cui un tale ha chiesto funerali privati e nei tg non si parla altro che dei suoi funerali (vai a capire che vuol dire privati), finalmente ho trovato un articolo che sfugge la solita ipocrisia italiota del dover per forza parlar bene di qualcuno quando questi muoia.
Il pezzo è di Massimo Fini, pubblicato sul suo blog associato a Il Fatto Quoidiano.

Francesco Cossiga e la leggenda metropolitana del picconatore

Che Francesco Cossiga sia stato “il picconatore” della Prima Repubblica, come hanno titolato ieri tutti i giornali, di destra e di sinistra, è una leggenda metropolitana che non si capisce come si sia potuta creare. Se “picconò” mai qualcosa fra il 1990 e il 1992, quando era Capo dello Stato, fu proprio quello che allora veniva chiamato “il nuovo che avanza”: la Lega, la Rete, Leoluca Orlando, Mani Pulite.

La telefonata a Miglio
Prima delle elezioni del 1990, violando ogni regola di imparzialità imposta dalla sua carica, attaccò pesantemente la Lega allora agli albori e qualche mese dopo definì i leghisti “criminali”. Inaudita è la telefonata intimidatoria che fece a Gianfranco Miglio, il principale consigliere di Bossi, come qualcuno ricorderà, il 26 maggio 1990, pochi giorni dopo le elezioni, e che lo stesso Miglio ha raccontato in un libro: “Rovinerò Bossi facendogli trovare la sua automobile imbottita di droga; lo incastrerò. E quanto ai cittadini che votano per la Lega li farò pentire: nelle località che più simpatizzano per il vostro movimento aumenteremo gli agenti della Guardia di Finanza e della Polizia, anzi li aumenteremo in proporzione al voto registrato. I negozianti e i piccoli e grossi imprenditori che vi aiutano verranno passati al setaccio: manderemo a controllare i loro registri fiscali e le loro partite Iva; non li lasceremo in pace un momento. Tutta questa pagliacciata della Lega deve finire” (Io, Bossi e la Lega, Mondadori, 1994, p. 28). E Miglio così proseguiva: “Confesso che la sorpresa provocatami in questa sfuriata mi lasciò senza parola. Cossiga era per me un amico ma era anche il Presidente della Repubblica! Mi avevano detto che piccoli operatori economici in odore di leghismo, avevano ricevuto insistenti ispezioni della Finanza; ma se addirittura il custode della Costituzione era pronto ad avallare atti illeciti a danno di cittadini colpevoli soltanto di avere un’opinione politica diversa da quella dominante, dove andavano a finire le garanzie dello Stato di diritto?”.
Cossiga non ha mai querelato Miglio per queste affermazioni gravissime che denunciavano atti (la telefonata intimidatoria con i suoi corollari) che andavano ben oltre la violazione clamorosa del galateo istituzionale ma che non possono essere definiti altrimenti che criminali e che non hanno precedenti, nella pur nebulosa storia dell’Italia repubblicana e che in qualsiasi altro Paese avrebbero provocato l’avvio immediato di un procedimento di impeachment. Ma gli scricchiolanti partiti della Prima Repubblica, che stavano per essere abbattuti dai colpi di maglio della Lega e di Mani Pulite, si guardarono bene dal muovere orecchia, plaudirono anzi alle iniziative antileghiste e anti-magistratura così come oggi altri partiti, diversi nei nomi ma non nella sostanza, e le più alte cariche dello Stato lo beatificano come “Padre della Patria” e definiscono “insigne costituzionalista” un uomo che ha sistematicamente violato, e nei modi più gravi, la Costituzione (sia detto di passata: docente di Diritto Costituzionale Francesco Cossiga non ha mai scritto un rigo in materia se non, nel 1950, una nota sulla Rassegna di diritto pubblico che conteneva un clamoroso errore sulle attribuzioni dei Pubblici ministeri e nel 1969, fatto credo unico, il Consiglio di Facoltà dell’Università di Sassari, su richiesta degli studenti, gli revocò la cattedra dopo che il futuro “Presidente emerito” era stato bocciato due volte agli esami per diventare ordinario, per salvarlo gli inventarono una cattedra di “Diritto costituzionale regionale”).

Il grande difensore
In compenso, se picconava “il nuovo che avanza”, Cossiga difese fino all’ultimo i socialisti che dell’ancien régime e delle sue sozzure, delle sue tangenti, delle sue prevaricazioni erano considerati l’emblema. “Perché li difende?” gli chiesi una volta che mi aveva invitato al Quirinale dolendosi per alcune critiche che gli avevo mosso. “Oh bella – rispose – perché i socialisti difendono me”. Che non mi sembra un bel modo di ragionare per un Presidente della Repubblica. Del resto nella Prima Repubblica, e proprio nel suo centro, la Democrazia Cristiana, aveva fatto tutto il suo “cursus honorum”. Lui stesso ammise, in un momento di rara lucidità, di essere “un puro prodotto dell’oligarchia”.
Forse l’averlo confuso con un “picconatore” deriva dal fatto che negli ultimi due anni del suo settennato si mise a insultare, nel modo più gratuito e sguaiato, uomini politici e non, con cui aveva vecchie e nuove ruggini personali: “piccolo uomo e traditore” (il dc Onorato), “cappone” (il dc Galloni), “zombie con i baffi” (il pds Occhetto), “poveretto” (il dc Flamigni), “analfabeta di ritorno” (il dc Zolla), “mascalzone, piccolo e scemo” (il dc Cabras), “cialtrone e gran figlio di puttana” (Wallis, caporedattore della Reuter) e, infine, un onnicomprensivo “accozzaglia di zombie e di superzombie” appioppato all’intero Parlamento.
Da allora si aprirono le cateratte e furono una serie di messaggi trasversali, cifrati, allusivi, intimidatori, secondo il suo miglior stile. Ricattò il governo con una grottesca e inapplicabile “autosospensione”, minacciò undici volte le dimensioni, minacciò una crisi perché due parlamentari si erano permessi di concedere un’intervista a La Repubblica, giornale a lui sgradito.

Finito il suo mandato si sperò che di Francesco Cossiga non si sarebbe sentito parlare più. E invece ha continuato a mestare, a mandare messaggi trasversali, a creare partitini (l’Udr, l’Upr, l’Associazione XX settembre, il Trifoglio) che otterranno sempre percentuali di albumina, senza però dismettere mai quell’aria di arrogante superiorità che non si capisce bene su che si fondasse se non sul suo delirio narcisistico che tutto riportava a sé, tutto riferiva a sé, come se il mondo intero ruotasse intorno alla sua augusta persona. È stato un vecchio malvissuto. E noi non saremo così ipocriti da scrivere ora, perché è morto, cose diverse da quelle che scrivevamo quando era vivo.

mercoledì 11 agosto 2010

E' uguale

Guardando la rassegna stampa di ieri come al solito sono stato colpito da Il Giornale. Non nascondo di provare una certa tristezza ogni qualvolta penso al quotidiano di Montanelli finito in mano a Feltri, Belpietro e Giordano, ma certamente il primo sentimento è sempre l'incredulità.

Notevole il tagliando tipo lotteria "Firma per chiedere le dimissioni di Fini", si potrebbe dire "lodevole questo spirito quasi inquisitorio nei confronti di chiunque sia poco pulito" poi verrebbe da chiedersi: non si vedono indizi di reato in questa vicenda, ma pochi mesi fa Mills è stato condannato in appello per essere stato corrotto da Berlusconi per dare falsa testimonianza in un processo per corruzione, il che, per una persona normale significa che Berlusconi ha corrotto Mills (condannato per essere stato corrotto da Berlusconi) ed ha corrotto la Guardia di Finanza (altrimenti perché corrompere Mills perché desse falsa testimonianza?); e le dimissioni si chiedono di Fini?mah...

Ma la cosa che più mi interessa è la continua similitudine tra la vicenda di Fini e quella di Scajola. Ho deciso di provare a leggere qualcosa di una faccenda che mi sembrava assolutamente inconsistente.



'Fini come Scajola': 'Il Giornale' commenta così, con titolo a tutta prima, la vicenda della casa di Montecarlo in possesso del fratello della compagna del presidente della Camera.


La notizia.

Ero partito con un'idea su questa storia monegasca: una vecchia fascista muore e lascia in eredità ad AN, il partito che a lei pareva essere il più fascista del palcoscenico politico (e ci vuole un bel coraggio a definire politica questa baracconata che si vede in Italia), a quel punto la casa è del partito. Vogliamo semplificare? La casa è di Fini, ci sta dentro un suo parente. L'unica forzatura mi pare possa essere che la casa sia di Fini. Non è sua, è del partito, si lamentino gli altri del partito se l'affitto di quella casa non entra nelle casse dello stesso, ma in ogni caso, ad un cittadino italiano cosa importa?
A me una morta che lascia in eredità un immobile ad un partito pareva molto diverso da un imprenditore, vivo e attivo, che paga 900'000 euro ad un ministro del governo di cui fa parte quel Bertolaso grazie al quale questo imprenditore sembrerebbe fare affari d'oro ben al di là di quanto sembrerebbe normale aspettarsi da un imprenditore del genere.
Un'eredità per semplice logica non può prevedere un concetto di do ut des, do et basta, perché sono morto, quindi non voglio niente in cambio. Pare più difficile pensare che io dia 900'000 euro ad un ministro incosapevole così, per mecenatismo, e pare difficile credere che la cosa sia completamente scollegata da quel Bertolaso che come capo della Protezione Civile può muovere tutti i miliardi che vuole in deroga a qualunque legge.

E leggi che ti rileggi io alla fine sono giunto esattamente alla stessa conclusione.
E' mai possibile che il giornalismo in questo paese sia sceso così in basso?
Che si possa pensare che ormai l'italiano si beva di tutto purché sia messo in forma di slogan?
Com'è possibile presentare le due vicende, Fini e Scajola, come se fossero simili?

Ama (zza) 'l prossimo tuo come te stesso.

Dopo qualche giorno di tranquillità non ho proprio resistito e ho deciso di parlare di questa notizia.


Vescovo austriaco: "Love Parade ripugnante
Dio ha punito una generazione perduta"


Qui il testo.

Non sono le parole che mi scandalizzano, ma il punto di vista teologico: questa divinità che si prende la briga di ammazzare questi ragazzi che partecipano ad una manifestazione che, stando alle sue parole, "potrebbe anche avere a che fare con il peccato e, di conseguenza, anche con un Dio che giudica e punisce", per quale ragione dimostra di poter agire nel mondo facendo morire soffocati un po' di giovani peccatori e non sembra punire chi, come Tanzi, per citare il primo che mi viene in mente, ha peccato di sicuro (e non "potrebbe") infrangendo uno dei comandamenti e macchiandosi di diversi vizi capitali?
Qual'è questo peccato che riesce a richiamare l'attenzione di questa divinità? Perché non è ben chiaro per quale ragione una divinità che possa intervenire addirittura uccidendo un peccatore, ne lasci però vivere altri miliardi, me compreso.
In che modo sceglie di uccidere questa divinità, e quali sono i peccati che portano ad una morte così precoce e così brutale?
E' di questi giorni la notizia che in India per le alluvioni sono morte almeno 150 persone, queste che peccato hanno commesso? Oppure queste sono morte per caso e non per mano divina?
E questa divinità di cui ci parla Laun può solo uccidere per schiacciamento/soffocamento o anche in altri modi? Uccide e basta o magari salva pure qualcuno?
In che modo spiega Laun la vita di certa gente?



Uno dei due è Pinochet.

La divinità di Laun punisce la partecipazione al Love Parade ma spedisce il suo portavoce in terra a stringere la mano ad un soggetto responsabile di torture, rapimenti ed almeno 2'000 uccisioni per reati di opinione?
Esattamente Laun potrebbe spiegarci come funziona la cosa?
Se uno prima di andare al Love Parade va a stringere la mano ad un gerarca nazista poi si può sentire al sicuro?

Fa sempre piacere imparare qualcosa di nuovo sulla religione, e quella Cattolica pare offrire spesso spunti molto curiosi. Se Laun avesse adesso la pazienza di andare oltre a spiegare la propria teoria si riuscirebbe forse a dipanare un po' la matassa del "mistero della fede"...
Rimaniamo sintonizzati e vediamo se arriva qualche nuova perla. O qualche nuovo peerla.




Vescovo austriaco: "Love Parade ripugnante, Dio ha punito una generazione perduta". E ora scambiamoci un segno di pace. [castorovolante]


Da Spinoza.it

lunedì 2 agosto 2010

La porta

Libera i capelli dalla morsa dell'asciugamano lasciandoli cadere su di una maglietta che testimonia che chi la indossa avrebbe potuto restare un minuto in più con l'accappatoio. Li scioglie con un sorriso rilassato, divertito, e malizioso quel tanto che le concede la consapevolezza di essere almeno carina. Non si sente bellissima, ma se l'è sentito dire spesso, e ora nel suo agitare i capelli al flebile vento mosso da un ventilatore piuttosto distante un po' ci crede e un po' ci spera.
Raccoglie un pettine distrattamente appoggiato sul tavolo e comincia a pettinarsi ostentando una naturalezza che sa essere sensuale e provocante; accenna due mosse di danza ascoltando una canzone allo stereo e si avvicina al suo interlocutore con la lentezza che solo chi sa di poter avere un uomo in pugno può permettersi.
Si piega lasciando cadere i capelli in avanti e con un rapido movimento torna su e li ricaccia indietro. Appoggia il pettine con ancor meno attenzione di quanto non avesse fatto l'ultima volta e sposta la mano verso quella di lui, avanza trascinandolo dietro, è sempre appagata dalla resistenza nulla che offre allo spostamento il corpo di un uomo quando lei sa come muoverlo. Solo pochi passi, e chiude la porta dietro di sé. Lascia fuori una vita e ne comincia un'altra, che ha deciso di non ricordare mai oltre quella porta, al di là di quella serratura.
Entra in un mondo di gioia, di soddisfazione carnale, di alienazione da sé e da una vita che non ha mai saputo condurre se non per compartimenti stagni. La porta si richiude, il suo ospite è uscito, lei rimane da sola, sul letto, nuda, fuma una Marlboro, sa che piangerà prima di dormire. Si alza e dalla finestra lo guarda allontanarsi sulla sua bicicletta in uno strano intenso rossore da tramonto estivo. Spenge la sigaretta. Si siede sul letto, prende la foto che ha sul comodino e guarda la bambina che sua madre fotografò ormai quasi 20 anni fa. Piange. E si sveglierà con un sorriso.