giovedì 26 giugno 2008

Frappè

Marco si è fabbricato con poca perizia uno di quegli stupidi cappellini fatti col giornale che sembrano barchette di carta e continua ad armeggiare con la cazzuola. Ha lo sguardo perso nel vuoto di chi si trova dove non dovrebbe essere di chi ha l’intima convinzione di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato a fare qualcosa che non è affar suo. Ripete con meccanica rassegnazione gli stessi gesti da mesi, ha paura a contare in anni quella non vita, non si sente utile, non apprezza quel che fa e si presenta ogni mattina con quei 10 minuti di anticipo che tradiscono la tristezza di chi non ha niente di meglio da fare che andare a condurre una vita che non sente propria. Non è stanco, lavorerebbe il doppio del tempo se gli fosse richiesto, non si distrae, non gli interessa il resto come non gli interessa sé stesso. Guarda il solito parco dall’altra parte della strada e si accontenta di constatare che ci sono i soliti ragazzi che corrono, la solita vecchia rincoglionita con quei 3 cani che abbaiano senza che lei proferisca verbo, il solito addetto alla manutenzione che sbriga la solita routine e il solito vecchietto sulla solita panchina con il solito pacco di giornali che non gli ha mai visto leggere. Marco continua a lavorare con la sua odiosa cazzuola e quella specie di pasticcio grigio, continuerà finchè qualcuno non gli chiederà una mano a portar su dei mattoni o a montare un infisso, poi tornerà al suo impiego senza batter ciglio, senza neanche chiedersi quale di quei lavori odi di più. La sua vita non è quella roba pastosa che non sa nemmeno se è malta, cemento, strutto o un frappè, non è quella cazzuola che non si spiega perché e per come ha questa forma idiota, non è affar suo quel paio di scarponi di sicurezza in cui sta morendo dal caldo, al limite può riconoscere come suo quello stupido cappellino di carta che porta al posto del casco. Non gli importa di cadere, lo si capisce dai movimenti, evita il casco forse sperando in una di quelle situazioni in cui avrebbe potuto salvargli la vita. Quello sguardo tradisce i rimpianti per qualcosa che poteva essere e non è stato per quel sogno di diventare il nuovo eroe dell’Italia del 2000, quello che segna su punizione nella finale dei mondiali. La sua non è la storia triste di un ragazzino fenomeno azzoppato da una macchina o da un macellaio in qualche campo di Eccellenza; lui non è uno di quelli bravi davvero ma che hanno avuto la sfiga di fare il trasferimento sbagliato nel momento sbagliato e han perso il treno giusto; lui non è uno di quelli bruciati da qualche procuratore piratesco che andando all’arrembaggio l’ha portato ad affondare nei campetti di periferia. Gli si legge negli occhi, non è scalfibile la sua certezza di essere ognuno di questi campioni. Ma Marco è semplicemente un ragazzo scarso. E’ uno che c’ha provato e non c’è riuscito. Non è bravo, non può giocare in serie A, e dire che c’aveva creduto, continuando a giocar male anche quando era finito in TV acclamato da tutti nell’ennesimo reality show che macina fenomeni da baraccone manco fosse un mulino. Serate in discoteca, autografi, donne, quel televoto che lo consacrò ad eroe nazionale, che lo fece sentire arrivato, che lo convinse di essere il calciatore che non era. La storia con quella velina, quella del calendario, beccata dal paparazzo di turno in ginocchio dal politico di turno; quel tavolo sempre libero al Billionaire dove circolavano amici di quelli che ti danno una pacca ti presentano tanta gente giusta, tirano al tuo tavolo, bevono quel che offrii e ti salutano “ciao Matteo”; c’era quel Porsche Cayenne che lo costringeva a strani tragitti per non far notare che la patente l’aveva presa regalando una maglia all’ingegnere della motorizzazione; c’erano quegli inviti a Buona Domenica dove ogni settimana c’era da mettere in ginocchio la strafica di turno, questa volta quella degli altri, non la sua; c’erano i soldi, che riuscivano ad uscire esattamente allo stesso ritmo a cui entravano, quasi che qualcuno si stesse occupando proprio di far “quadrare i suoi conti”. Oggi non c’è più niente di quel mondo inutile quanto fiabesco, onirico ed al tempo stesso alienante, oggi c’è Marco, la sua cazzuola, quella specie di frappè e quello stupido cappellino che racconta più di ogni parola che la morte non lo spaventa solamente perché ha già vinto sulla sua vita.

martedì 24 giugno 2008

Decreto sicurezza

Sì del Senato al decreto sicurezza
Via libera alla norma blocca-processi


ROMA (24 giugno) - Via libera del Senato al decreto sulla sicurezza che contiene al suo interno la norma blocca processi contestata dall'opposizione. Il decreto passa ora all'esame della Camera. Il provvedimento è stato approvato con 166 sì, 123 contrari e un astenuto. A favore ha votato il Pdl, contro il Pd, l'Idv e l'Udc.

L'Anm: no a sospensione, sì a immunità. In un'intervista a Repubblica, il segretario dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Cascini, propone una sorta di "tregua" al governo, con un dialogo imperniato sul via libera alla immunità per le alte cariche dello Stato e sull'eliminazione della norma sulla sospensione dei processi dal decreto. Sul suo sito, l'Anm pubblica l'elenco dei reati per i quali sarà obbligatoria la sospensione, che secondo Cascini «creerebbe un caos senza precedenti».

Ecco la lista dei reati sospesi:

sequestro di persona, estorsione, rapina, furto in appartamento, furto con strappo, associazione per delinquere, stupro e violenza sessuale, aborto clandestino, bancarotta fraudolenta, sfruttamento della prostituzione, frodi fiscali, usura, violenza privata, falsificazione di documenti pubblici, detenzione di documenti falsi per l’espatrio, corruzione, corruzione giudiziaria, abuso d’ufficio, peculato, rivelazioni di segreti d’ufficio, intercettazioni illecite, reati informatici, ricettazione, vendita di prodotti con marchi contraffatti, detenzione di materiale pedo-pornografico, porto e detenzione di armi anche clandestine, immigrazione clandestina, calunnia, omicidio colposo per colpa medica,omicidio colposo per norme sulla circolazione stradale vietata,truffa alla Comunità Europea, maltrattamenti in famiglia, incendio e incendio boschivo, molestie, traffico di rifiuti, adulterazione di sostanze alimentari, somministrazione di medicinali pericolosi, circonvenzione di incapace.

Alcuni esempi:

Esempio n.1

A) uno straniero irregolare violenta una studentessa alla fermata del tram.

B) un giovane studente cede gratuitamente una dose di hashish ad un coetaneo.

Quale processo faccio per primo?

Risposta: B

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Esempio n.2

A) due zingarelle rapiscono un bambino.

B) due zingarelle rubano un pezzo di formaggio in un supermercato e scappando danno una spinta alla guardia.

Quale processo faccio per primo?

Risposta: B

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Esempio n.3

A) un chirurgo durante un'operazione per un grave errore provoca la morte di un bambino.

B) un giovane ruba un telefono cellulare ad un coetaneo minacciandolo con un temperino.

Quale processo faccio per primo?

Risposta: B)

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Esempio n.4

A) un assessore riceve una tangente di 5 milioni di euro per favorire una impresa in una gara d'appalto.

B) il figlio dell'assessore compra un motorino rubato e cambia la targa.

Quale processo faccio per primo?

Risposta: B)

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Esempio n.5

A) uno straniero ubriaco al volante di un auto rubata investe tre pedoni sulle strisce.

B) due parcheggiatori abusivi chiedono un euro ad un automobilista minacciando di rigargli la portiera dell'auto.

Quale processo faccio per primo

Risposta: B)


repubblica.it


Decreto sicurezza?
A quale sicurezza ci si riferisce?
Come può un'idea del genere trovare accoglimento tra persone senzienti?Sospendere e riprendere migliaia di processi ad un anno di distanza lo penso solo io che porterà i tribunali a perdere tempo?
E' una mia convinzione che i processi non si "riaprano" da un giorno all'altro come se non si fossero interrotti? Che le udienze non possano essere fissate di punto in bianco? Che un processo per una pausa di un anno subisca un allungamento di forse un altro anno solo per rimettersi in pari?
A noi la triste sentenza, sempre che la costituzione non riesca a salvarci dall'ennesima trovata di qualcuno...

lunedì 23 giugno 2008

Buio

Le immagini sono sfocate la profondità è solo un ricordo neanche tanto limpido di qualcosa che aveva a che fare con la vista. Tutto è giallo, quasi indistinto, solo alcune ombre si muovono in modo regolare. Un suono intermittente e regolare, fastidioso come neanche quella maledetta suoneria del cellulare è mai stata, si distingue nel marasma di suoni indefiniti e indecifrabili. Ogni tanto emerge qualche parola strana forse sentita qualche volta per sbaglio in qualche telefilm americano di quelli che riempiono quei mercoledì in cui non hai niente da fare e resti rintanato in casa ad aspettare un giovedì forse più eccitante. Roba come “Adrenalina”, “tampona”, “Epinefrina”, “arresto”, “anafilattico” ma forse neanche son queste le parole, c’è solo un vago ricordo di una puntata di E.R. con un tizio e un altro tizio e gente che urla e uno di quei letti con le ruote….Buio.



Torna quella specie di luce uniforme ma adesso le ombre si muovono di scatto a intervalli regolari, quasi come se fosse il punto di osservazione a sobbalzare. Quel maledetto suono ha cambiato cadenza e non sembra più molto regolare. Le ombre sembrano un po’ più definite, forse sono teste, rivolte verso qualcosa che polarizza l’attenzione, continuano a portare un po’ di scuro in quella luce gialla diffusa e incomprensibile. Finiscono i sobbalzi dell’immagine, adesso quel suono è di nuovo insopportabilmente regolare e le sagome nere si allontanano. La luce gialla diffusa si smorza come nascosta da una nuova luce, meno forte, grigia, si sta muovendo tutto. Stop. Adesso tutto è di nuovo fermo, le sagome sembrano quelle di prima ma forse più definite, dovrebbero essere persone, sì, adesso è sicuro, molto indaffarate, la luce però è più fredda, quel suono forse sta allungando gli intervalli, non sembra più molto regolare…Buio.



Di nuovo quei sobbalzi, di nuovo quella luce fredda e chiara e quelle sagome che sembrano ora muoversi meno, non sembrano più molto indaffarate, quel suono insopportabile ora sembra davvero quella maledetta suoneria che lei non faceva più partire da troppe ore. Non ci sono più sobbalzi, tutto è fermo; il suono diventa meno caotico, scandisce un ritmo sempre più lento; la luce è sempre più bianca e le sagome ora sono ferme, pare che non siano più indaffarate, come se il loro lavoro fosse finalmente concluso, mission accomplished, o forse come se fosse ormai inutile. La luce diventa sempre più bianca, le sagome una volta nere poi grigie non si distinguono più e spariscono in quella luce chiara che non ha più significato, se mai lo avesse avuto, quel suono è sempre meno distinto, l’intervallo tra un suono e l’altro è sempre maggiore. Il suono non è più intermittente, è una nota continua, la luce è completamente bianca… Buio.

martedì 10 giugno 2008

Se telefonando io...

...avessi bisogno di piazzare una signorina da qualche parte per comprare il voto di un senatore, gradirei non essere intercettato.
Quindi poi chi se ne frega se solo grazie alle intercettazioni vengono fuori notizie come queste.

Nel pomeriggio dal giudice i 13 medici e il proprietario della clinica Santa Rita
Accusati di aver eseguito interventi inutili solo per avere i rimborsi dallo Stato
Milano, clinica dell'orrore
Oggi i primi interrogatori

Milano, clinica dell'orrore
Oggi i primi interrogatori



da repubblica.it

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parla uno dei medici: Arabella Galasso

«Pipitone prenderà i più delinquenti
che gli faranno guadagnare miliardi»

Lo scandalo della casa di cura milanese Santa Rita: le intercettazioni




MILANO - Le responsabilità dello scandalo della clinica milanese Santa Rita emergono con chiarezza dalle intercettazioni. «Pipitone prenderà i più delinquenti del mondo che gli faranno guadagnare miliardi nel calcolo delle probabilità ... se anche li cascano la colpa è dei medici e lui viene fuori pulito». Sono le considerazioni di Arabella Galasso, medico della casa di cura santa Rita, in un dialogo intercettato nell'ambito dell'inchiesta sulla nuova sanitopoli milanese e riportato nell'ordinanza del gip Micaela Curami nel capitolo che riguarda il notaio Francesco Paolo Pipitone, titolare della clinica privata e finito agli arresti domiciliari. Secondo il giudice Curami dalle conversazioni intercettate emerge che Pipitone non solo era a conoscenza del sistema, ma lo ispirava e lo dirigeva. Inoltre da due dialoghi della dottoressa Galasso risultano «chiarissime»le responsabilità di Pipitone. Il 18 luglio del 2007 Arabella Galasso, al telefono con una tale Clara, dice: «Questo cosa vuol dire, che Pipitone prenderà i più delinquenti del mondo che gli faranno guadagnare miliardi nel calcolo delle probabilità ... se anche li cascano la colpa è dei medici e lui viene fuori pulito. Quante prob... voglio dire se prende una macchina da guerra come Scarponi... che opera anche quelli che non hanno bisogno che... che si mette a contraffare le cartelle... lui guadagna, poi dopo i Noc fanno le ispezioni a campione... non è mica detto che acchiappino Scarponi, intanto lui ha guadagnato però, capisci?».

LE ACCUSE - Poco più avanti la dottoressa Galasso prosegue: «Quindi questo è l'ennesimo mezzo che danno a questi proprietari di merda di speculare, perché parliamoci chiaro quando un intervento vien pagato 8.000 euro e noi ne prendiamo 700 gli altri 7.300 se li intasca il Pipitone». Il medico poi prosegue: «Allora adesso il suo gioco più conveniente è quello di mettere dentro quelli che si sa essere... fetenti, perché tanto lui dice se li cascano io li butto fuori, non mi può dir niente nessuno, la colpa è loro. Quindi se adesso c'è un controllo sulle cartelle, se fino ad oggi c'è stato il vice direttore sanitario che passava le cartelle una ad una e ti chiamava se i DRG erano pompati e te li faceva rifare, adesso lui gli toglierà quella mansione perché tanto a me che cazzo me ne frega se il medico sbaglia paga lui». E ancora più sotto «Ma è normale che sia così perché quando un chirurgo è pagato a prestazione, se vuole guadagnare deve fare più prestazioni, mentre una volta il ricovero era pagato a giornate...». In un'altra telefonata, con la madre, del 24 luglio 2007(...) «Lui deve capire che non può far venire a lavorare dei banditi, che contribuiscono a farci finire sui giornali perché la verità è questa, perché è inutile che lui si tira fuori dalle responsabilità, la gente a lavorare lì la fa venire lui e finché ci sono stati gli onesti non è mai successo niente; adesso vengono dei medici che sono altro che da denunciare per truffa, son dei criminali».

la notizia di corriere.it


Queste notizie non dovrebbero venire fuori, queste indagini non dovrebbero esistere perché?
Perché pur di non conoscere queste altre, un prezzo lo si dovrà pur pagare, no?!

L'audio.

Il testo.



Poi chi se ne frega se a Santa Rita lavorano dei macellai.

lunedì 9 giugno 2008

Il Divo

Il Divo, film di Paolo Sorrentino sulla vita politica, e non solo, di Giulio Andreotti è a mio avviso la vera rivelazione della prima metà del 2008. Film che riesce a non scadere nella retorica antipolitica dove forse molti pensavano di immergersi alla proiezione. Film che tratta con distacco le vicende di quello che è sicuramente l'uomo su cui sia mai stata fatta meno luce nella storia repubblicana. Sferra Sorrentino degli attacchi violentissimi agli occhi di uno spettatore distratto montando fatti riconducibili a vario titolo ad Andreotti che potrebbe invece in certi momenti passare quasi come sicario.
Un film da vedere conoscendo prima qualcosa della vita di Andreotti, sapendo tutto ciò che è successo il 9 maggio 1978, sapendo qualcosa dello IOR, di Marcinkus, Calvi e Sindona, di Pecorelli diciamo che il film ne parla.

Un film che colpisce però per la fattura. Io non posso non riconoscere Tarantino in questa regia, non solo nel fischiettio alla corrente Andreottiana che rimanda a Kill Bill, ma nelle inquadrature, nei ritmi, soprattutto nei tempi. Sorrentino rende la staticità del "monumento" Andreotti con un film la cui colonna sonora è talmente azzeccata da poterlo quasi catalogare come musical, azzecca completamente il doppio ritmo tra l'Andreotti riflessivo e statuario, anche alle feste di un Pomicino più vero dell'autentico, e le stragi, i rapimenti, gli omicidi e i "suicidi" che attorno alla di lui figura, in un modo o nell'altro, con un legame od un altro con il Divo, si susseguono.
Belle le citazioni de Gli Intoccabili nella "riunione di gabinetto", di Romanzo Criminale nei delitti, e del Dracula di Coppola nelle movenze di un Toni Servillo ottimo in un ruolo certamente complesso.

Questi sono film, film dove la regia è capolavoro, la colonna sonora di livello altissimo, la fotografia sempre puntuale, dove la sceneggiatura non è banale, che dovrebbero essere patrocinati dal Ministero dei Beni Culturali, altro che la roba a vario titolo riconducibile a Moccia.


Da oggi le recensioni le sposterò qui.
IlCineManesco

venerdì 6 giugno 2008

L'Ultimo

Ultimo è lì, seduto sulla stessa panchina su cui siede tutte le mattine da vent’anni, negli ultimi due aspettando che la nipotina esca da scuola. Ultimo, ti aspetteresti che fosse il minore dei fratelli di una numerosa famiglia, invece è figlio di uno strano gioco di parole di due genitori che poco dopo la guerra avevano qualche difficoltà a far quadrare i conti. Ultimo ha un gemello, si chiama Piero, 2 fratelli più grandi e 3 sorelle più giovani. Mai la scelta di un nome fu meno azzeccata. Vent’anni fa alla sua festa ricevette un bell’orologio d’acciaio, la paletta e il cappello che per una vita lo avevano accompagnato in giro per le banchine delle stazioni italiane. Non è uno di quei vecchi che muoiono per la pensione, lui è un anziano che ha voluto la pensione per coltivare la sua passione per la pittura, per quei quadri un po’ particolari che dipinge per sé stesso, che vogliono certamente dire più di quel che sembra, anche se è lui che vuole che siano incomprensibili, personali. Ha scelto la pensione perché unico nonno rimasto a Matteo; Francesco non gli ha mai chiesto di andare in pensione ma è stato felice che il padre abbia fatto questa scelta per occuparsi del nipote. Oggi Matteo è grande, studia a Venezia, lui non ricorda neanche cosa, e non gli interessa, è un anziano, ha vissuto una vita in cui il peso del denaro si sente eccome, ma non gli interessa cosa le persone hanno scritto sulla targhetta, lui giudica le persone per quello che pensano, non per quello che la società dice siano. Non sta aspettando Matteo, la sua attesa, che tradisce una certa impazienza, è per la piccola Ginevra, una di quelle bambine che già a sei anni capisci che ama incondizionatamente, ama perché è giusto voler bene, ama perché vuole vedere sorridere i “grandi”, unico e sufficiente lascito di un nonno provato da una vita neanche troppo complessa. Oggi Ultimo non sta parlando con nessuno, fissa gli zampilli della fontana sembrando un ebete a chi non lo conosca come me; oggi? Ultimo non parla mai con nessuno, arriva con il suo piccolo pacco di giornali e con quella borsa dove tiene il materiale da disegno, una borsa che diventa pesante quando si aggiunge al peso dello zainetto di Ginevra; Non l’ho mai visto leggere quei giornali, penso siano solo una vecchia abitudine, lui sembra sapere già cosa c’è scritto sui giornali, li ha letti per ottantacinque anni e non gli interessano più? O banalmente li ha già letti quando arrivo io? No, sono troppo ordinati, gli manca solo quello stupido laccio di plastica che fa male alle mani con cui i giornali vengono imballati la mattina, quando alle 6 sbarcano dal furgone e finiscono dentro l’edicola. Fissa una coppietta di ragazzini innamorati, con l’amarezza di chi non riesce più a farsi ispirare da nulla. Forse li ha già ritratti durante una delle loro costanti assenze da scuola? No, il suo è uno sguardo vuoto, lo sguardo vuoto di chi sta più sperando che aspettando, aspetta Ginevra, aspetta di non pensare che la sua vita gli pare non aver più senso. Aspetta di sentirsi vivo, e quello sguardo è inconfondibile, è la drammatica certezza che la sua vita finirà il giorno che Ginevra non tornerà da lui, su quella panchina all’uscita da scuola, quella paura che però il suo cuore non smetterà di battere quel giorno, ma molti giorni vuoti dopo.