venerdì 26 giugno 2009

Saluto a Michael Jackson




Oggi vorrei salutare Michael Jackson, ricordandolo sorridente, un uomo che mi ha sempre dato l'impressione di essere un uomo buono, di quelli come ce ne sono pochi al mondo. Un uomo che ha sofferto tanto da piccolo e poi per tutta la vita, dalle violenze domestiche al disagio per il proprio aspetto, che ha vissuto cercando di vincere la sua infanzia difficile regalando ai bambini tristi la possibilità di sorridere (Neverland, con tutto lo zoo, nasce per questo, per accogliere bambini malati). Un uomo che forse nella propria vita non ha mai trovato la serenità che cercava di assicurare agli altri e molto probabilmente avrebbe meritato. Una vita passata a rincorrere un senso di adeguatezza che gli è sempre sfuggito, finita per fuggire da avvoltoi che hanno in tutti i modi cercare di arraffare soldi da una persona indubbiamente debole, la cui debolezza era cercare di recuperare la propria infanzia donandola ad altri bambini, e non certo strappandogliela.
Una persona lasciata forse troppo sola nelle ultime ore, probabilmente, anzi ne sono certo, non se lo meritava, meritava di essere considerato il grande artista e l'uomo buono che era, piuttosto che "un tizio strampalato, probabilmente pedofilo" come è invece troppo largamente definito.

Lo voglio salutare con la prima apparizione del Moonwalk, al Motown25, non mi piaceva molto la sua musica (ma non posso non citare Blak or White, You are not alone, Beat It, Smooth Criminal, Don't Stop 'Til You Get Enough, Heal the World e ne lascio altre più per difetto di memoria che altro), ma la grandezza di un artista prescinde dal gusto.
Questo è il canale video ufficiale, quasi tutti i video sono capolavori, ma non permettono di incorporarli, quindi vi linko il canale.

Michael Jackson su Youtube.


giovedì 18 giugno 2009

Giudicanti ingiudicabili.

Oggi mi incuriosisce questa notizia:

Caso Welby: condannati per diffamazione Militia Christi e “Il Giornale”

Ammonta a 60.000 Euro, pari a 20.000,00 Euro ciascuno, la somma che il movimento politico cattolico Militia Christi dovrà corrispondere a favore dell’Associazione Luca Coscioni, dell’Associazione La Rosa nel Pugno e di Mario Riccio, il medico anestesista che seguì le ultime ore di Piergiorgio Welby. Lo ha stabilito una sentenza del Tribunale di Roma, che ha altresì imposto a Militia Christi la rimozione dal sito internet del comunicato stampa dal titolo Profanatori ed assassini.
Sulla stessa vicenda, una sentenza di condanna per diffamazione è stata emanata anche dal Tribunale di Desio, sezione distaccata del Tribunale di Monza. Un articolo pubblicato in prima pagina su Il Giornale, il 23 dicembre 2006, dal titolo Nessun rispetto nemmeno per la sua volontà, accusava Mario Riccio di essersene “fregato della volontà di Welby”. Il tribunale ha condannato a 1.200 euro di multa l’autore dell’articolo, Stefano Lorenzetto, e a 800 euro di multa Maurizio Belpietro, all’epoca direttore del quotidiano. Il tribunale ha inoltre riconosciuto a Riccio, tra risarcimento e riparazione pecuniaria, la somma di 53.000 euro.
I Radicali Italiani, nel dare notizia delle sentenze, sottolineano come i parlamentari cattolici Luca Volonté (UDC) e Paola Binetti (PD), pure convenuti in giudizio per diffamazione (il primo per altra vicenda), abbiano preferito far ricorso all’immunità parlamentare.


Sorvolando su Il Giornale che va beh, forse è anche ingiusto accanirsi su questo genere di "giornalisti", mi viene un vuoto di memoria: senatrice Binetti, lei che conosce bene la bibbia, come stava quella faccenda? Non farti giudicare e non sarai giudicato, giusto?

La notizia.

mercoledì 10 giugno 2009

La Letizia del papi

Qualche tempo fa, in pieno scandalo Noemi, in pieno scandalo Mills, tra le parole di Veronica Lario "mio marito è malato" uscì, ben celata dai tg, la seguente notizia:

Camorra: arrestato boss Letizia, 109 ordinanze custodia


L'agenzia Reuters.

Rimasi perplesso su questo cognome, reso da pochi giorni celeberrimo dalla piccola Noemi che al grido di "voglio fare la valletta, altrimenti carriera politica, a trovarmi una poltrona a Montecitorio ci pensa papi Silvio" campeggiava su tutti i media nazionali. Certo caspita, curiosa la situazione:
-Berlusconi si presenta al compleanno della figlia di un dipendente comunale (può essere un amico, che c'è di strano?)
-il dipendente comunale imbastisce una festa da migliaia di euro per la figlia, che si presenta in auto di lusso con autista.
-Berlusconi si presenta a questa festa e sostiene che il signor Letizia, neanche iscritto al partito, abbia delle "raccomandazioni" da fare a livello di liste elettorali.
-la signora Lario parla di un marito "malato che va con le minorenni"
-Berlusconi spiega che conosce la figlia di rimando: lui è amico del padre.
-Berlusconi inventa una palla quando spiega come ha conosciuto il signor Letizia e non è solo Bobo Craxi a smentire categoricamente entrambe le versioni, peraltro contrastanti di Berlusconi e della signora Letizia.
-arrestato un boss camorrista che si chiama proprio Letizia.

Certo le coincidenze hanno un nome che le definisce proprio perchè esistono, è anche vero che in questo caso sono tante.
Poi ci sono le foto pubblicate da El Pais e la questione si era intorbidita parecchio, un malpensante poteva pensare che le cose fossero due: o Berlusconi frequentava la ragazzina o Berlusconi frequentava il padre, personaggio quantomeno singolare, che appare fare una vita non proprio comune come dipendente comunale e che vuole mantenere riserbo sulla natura del legame con il presidente Berlusconi (preferendo tra l'altro che le malelingue del paese diano della zoccola alla giovane figlia piuttosto che raccontare la storia di un legame che dovrebbe essere tutt'altro che torbido). Diciamo che un non bene identificato malpensante avrebbe poche altre alternative credibili cui aggrapparsi per comprendere questo strano rapporto tra Berlusconi, e la famiglia Letizia.

In questo scenario, incuriosito, sono andato a ficcanasare nella rete (strano ma in tv si son viste trasmissioni pietose di tutti i tipi, dalla satira di bassa lega al comizio a Porta a Porta di 20'000 leghe sotto i mari, ma un'inchiesta interessante no.
E sulla rete ho trovato una cosa interessante che consiglio e linko, e poi copia-incollo.

La notizia.

Riportata anche da criticamente.it



Isso, esso e' a malavita. Storie di boss, camorra e politica
A Napoli gli investigatori della Direzione Antimafia stanno indagando sui possibili collegamenti fra Elio Benedetto Letizia, il padre dell'ormai celebre Noemi, e il ceppo che a Casal di Principe ha visto per anni egemone il clan capitanato da Armando, Giovanni e Franco Letizia, gruppo di fuoco del boss Giuseppe Setola, area Bidognetti. Tutti alleati degli Scissionisti di Secondigliano. Qui, nell'attesa di sviluppi giudiziari, proviamo a mettere in fila alcune impressionanti coincidenze, con le tessere di un puzzle che vanno al loro posto una dopo l'altra. Ed un Paese che, se le ipotesi investigative fossero confermate, si troverebbe a dover raccogliere la sfida finale (di Rosita Praga, lavocedellevoci.it).

Potrebbe suonare solo come un'omonimia, un cognome strano, uguale al nome di una donna. E che ricorre. Poi il cerchio delle coincidenze comincia a stringersi. E prende corpo l'ipotesi che Benedetto Letizia detto Elio, padre dell'aspirante starlette Noemi, lungi dall'essere mai stato autista di Craxi o militante di Forza Italia o qualsiasi altra boutade messa in circolazione, sia originario dello stesso ceppo di Casal di Principe dal quale provengono Franco e Giovanni Letizia, gruppo di fuoco del boss Giuseppe Setola. Lo stesso commando capace di sparare in fronte ed ammazzare sei extracomunitari in un colpo solo per avvertire gli altri che, se si intende trafficare droga in zona, bisogna sottostare alle regole. E pagare.

Ma chi è veramente Benedetto-Elio Letizia? Da Castelvolturno all'Agro Aversano fino a Secondigliano, molti lo sanno fin dall'inizio di questa storia. Ma non parlano. Tacciono di fronte ai tanti cronisti venuti da ogni parte del mondo. Però a Enrico Fierro, inviato dell'Unità, qualcuno ha detto: lascia stare, su questa storia meglio non metterci le mani. Bolle, scotta. Il cinquantenne Benedetto Letizia, noto finora al Comune di Napoli (dove è in servizio) più che altro per un vecchio inciampo giudiziario - fu arrestato nel 1993 nell'ambito di un'inchiesta sulle compravendite di licenze commerciali - per tutti è un uomo tranquillo. E anche la gazzarra di visure camerali e catastali messa su dai giornali, non ha potuto scoprire altro che modesti immobili intestati a Noemi e un paio di società dedite al commercio di profumi. Solo una bufala, allora, la storia della parentela? Non dimentichiamo - dice un attento osservatore di queste dinamiche - che molto spesso i clan si servono proprio di personaggi puliti, o quasi, per tenere i contatti con esponenti delle istituzioni.

A gettare benzina sul fuoco, realizzando la classica excusatio non petita, sono poche settimane fa alcuni giornalisti del casertano. Ventiquattr'ore di fuoco, quel 19 maggio. Dopo la cattura in Spagna del boss Raffaele Amato, a Secondigliano un blitz porta in manette quasi cento persone ritenute affiliate agli Scissionisti. In nottata arriva l'arresto a San Cipriano d'Aversa del boss Franco Letizia, uno fra i cento latitanti più ricercati d'Italia. E siamo proprio negli stessi giorni in cui, fra gossip e cronaca, i giornali, le tv e il web sono letteralmente invasi da quel nome: Letizia. Alle 12 e 18 in punto nelle redazioni arriva un lancio Ansa. E' firmato dalla giovane corrispondente casertana Rosanna Pugliese: nessuna parentela - si legge - tra l'arrestato Franco Letizia ed il papà di Noemi, lo affermano gli inquirenti che operano nel casertano. Che bisogno c'era di quella perentoria smentita, a fronte di una notizia mai data? E soprattutto, perché rifarsi ad un termine generico come gli inquirenti, senza precisare se si tratta della squadra mobile, della Procura (di Napoli o di Caserta?) oppure di altre forze dell'ordine? Un sito locale, Caserta Sette, non perde l'occasione per rilanciare la non-notizia. E con tono stizzito se la prende con chiunque osi pensare che esista quella parentela.

Mentre scriviamo, alla Voce risulta invece che sono in corso indagini top secret alla Procura di Napoli proprio per accertare il possibile collegamento fra i Letizia di Secondigliano (Benedetto detto Elio, ma anche altri suoi stretti congiunti) e il clan Letizia affiliato ai Casalesi. Un legame che, se fosse accertato, nella vicenda Papi, spiegherebbe tutto. O quasi. Qualcuno, in Campania ed oltre, sa bene da tempo cosa significa pronunciare alcuni grossi nomi. E perché, se telefona uno con quel nome, se si spinge fino a chiedere a un leader politico di mostrarsi alla nazione intera, intervenendo ad una festa di paese, lui potrebbe essere costretto ad acconsentire. Ma in ossequio alla ragion di stato sarebbe obbligato a far credere - perfino alla moglie e ai figli - che si tratti d'una storia di corna e minorenni, piuttosto che rivelare al Paese e al mondo la verità.

Scrive Fierro sull'Unità del 22 maggio: La camorra, soggetto da maneggiare con cura in questa storia. Anche se i tanti set di questo reality non aiutano a tenerla a debita distanza. Secondigliano (il quartiere monstre dove i Letizia hanno alcune loro attività); Portici, la città-quartiere dove vivono Noemi e sua madre, e Casoria, il paesone della festa. In ognuno di questi luoghi i clan hanno un controllo ferreo del territorio. Sanno tutto. Di tutti. In attesa delle conclusioni alle quali giungeranno i pm della Dda, noi qui proviamo a mettere insieme le tessere del puzzle. Che cominciano a combaciare in maniera impressionante. Se risultasse provato il collegamento fra i Letizia, sarebbe allora più realistico immaginare quale sia stato il vero motivo di quell'appuntamento cui il premier, suo malgrado, non poteva mancare, pur avendo cercato con ogni mezzo fin dalla mattina - e poi nelle frenetiche telefonate fatte in quei misteriosi 50 minuti di sosta dentro l'aereo, a Capodichino - di sottrarsi. Alla fine va. E resta per quasi un'ora a colloquio riservato - dice chi c'era - con Elio Benedetto Letizia, prima di darsi in pasto ai fotografi.

IL POTERE DI GOMORRA

Troppo forte, il potere d'intimidazione di quella holding multinazionale che, come ci ha raccontato Gomorra, comunica i suoi messaggi attraverso i simboli. L'uomo accusato di essersi portato via la donna di un boss, per esempio, viene crivellato non alla testa o al cuore, ma mmiez e palle; quello che ha tradito gli accordi, facendo catturare uno del clan, dovrà essere incaprettato, legato come un capretto sul banco della macelleria, e fatto ritrovare nella posa più grottesca e mostruosa che si possa immaginare per un essere umano. Così anche la presenza fisica di una personalità, in certi luoghi ed occasioni, vale più di cento rassicurazioni verbali. Magari arriva a suggello di un condizionamento che durava già da mesi. E del quale la bella - e quasi certamente ignara - Noemi non era che un altro segnale. La sua presenza al fianco del primo ministro (come nell'ormai famoso ricevimento di fine anno a Villa Madama) serviva per affermare all'esterno che il rapporto con gli uomini del napoletano e del casertano stava andando avanti.

Del resto, lo strapotere finanziario raggiunto dalle imprese dei clan camorristici - anche attraverso la presenza di loro vertici nelle logge massoniche coperte - praticamente non ha uguali. Lo ha spiegato poche settimane fa Roberto Saviano agli studenti della Normale di Pisa nel corso di una lezione: nessuna, fra le altre mafie del mondo (russa, cinese o slava che sia) è autonoma rispetto alle cosche italiane. Tutte hanno come modello di partenza Cosa Nostra, Ndrine e Camorra. Ma i gruppi esteri non si sono mai del tutto affrancati: sullo scacchiere internazionale, nei paradisi fiscali, per muovere da un capo all'altro dei continenti denaro, armi, stupefacenti, organi ed esseri umani, devono sempre e ancora in qualche modo dare conto ai clan italiani.

Dal punto di vista dell'economia criminale, poi, che interi pezzi dell'Italia siano ormai ricattabili da parte dei clan camorristici, non è una novità. Una holding multinazionale, ma pur sempre malavitosa; forze strutturate e uomini che, pur trovandosi ormai a gestire le leve del potere finanziario (il giro di affari delle mafie, secondo uno studio recente di Confesercenti, è pari a 125 miliardi di dollari l'anno, circa il 7% del Pil nazionale), non rinunciano ai vecchi e collaudati metodi per affermare il loro potere. Un commando di fuoco pronto a sequestrare, a sparare in faccia, tenere in ostaggio magari i figli di un alto esponente politico. Ed è così che possono maturare, per i posti chiave di governo - ad esempio la presidenza di una strategica Provincia o un sottosegretariato - le nomine di personaggi ritenuti già nelle loro stesse zone di origine impresentabili, per i legami con la camorra dei loro uomini più stretti.

MARONI ALLA CARICA

Come s'inscrive, nello scenario che stiamo ipotizzando, l'autentica impennata nella lotta ai clan camorristici impressa nelle ultime settimane da Roberto Maroni, ministro degli Interni, e da Antonio Manganelli, capo della Polizia? Berlusconi - dice un esperto di intelligence che preferisce restare anonimo - probabilmente sarà presto lasciato al suo destino. Lo dimostra il livello di fibrillazione da cui è stato colto dopo l'episodio di Casoria, gli errori a raffica, le dichiarazioni avventate. A reggere saldamente il timone dello Stato che non si arrende è ora il Viminale, da cui non a caso negli ultimi mesi è partito un pressing senza precedenti nel contrasto ai Casalesi e ai loro alleati, gli Scissionisti di Secondigliano. Operazioni che hanno liquidato quasi interamente il clan Letizia.

L'escalation nella lotta alla malavita organizzata del casertano ha inizio esattamente dopo la strage di Castelvolturno, il 19 settembre dello scorso anno, quando sei nordafricani residenti nella vasta area a rischio della Domiziana, sul litorale di Caserta, vengono massacrati in un raid di camorra teso - si capirà in seguito - a riaffermare il predominio sulla zona del boss dei Casalesi Giuseppe Setola, al cui clan sono affiliati i Letizia. Appena dieci giorni dopo, il 30 settembre, i Carabinieri del comando di Caserta arrestano gli artefici dell'eccidio. Sono Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo ed il ventottenne Giovanni Letizia, già ricercato per un altro omicidio collegato alla connection politica-rifiuti: quello dell'imprenditore Michele Orsi. I militari li sorprendono in due villini di villeggiatura a Quarto, sempre in zona domizia. Secondo il pentito Oreste Spagnuolo - scriverà Roberto Saviano - Giovanni Letizia quando uccise Michele Orsi indossava una parrucca e ai piedi aveva un paio di Hogan di tela. Poi gli venne fame e andarono a mangiare con Letizia che aveva ancora le scarpe sporche di sangue ma preferiva pulirle con la spugnetta anziché buttarle. Quando il suo capo chiese perché perdesse tempo a lavarle rischiando di essere beccato, Giovanni Letizia gli rispose che Orsi non valeva le sue scarpe.

14 gennaio 2009. In un edificio diroccato di Trentula Ducenta, al confine con il Lazio, finisce la latitanza del boss Giuseppe Setola. Con lui viene fermata la moglie, Stefania Martinelli. Fra il 9 e l'11 marzo la Dda partenopea mette a segno un altro colpo mortale per i Casalesi con l'arresto di altri uomini legati a Franco Letizia, cugino di Giovanni, considerato il reggente del clan. Fra loro anche il trentatreenne Vincenzo Letizia detto o schizzato.

3 aprile 2009. La Mobile di Caserta arresta Armando Letizia, 56 anni. Considerato elemento di spicco del clan, Armando è zio di Giovanni Letizia e padre del latitante Franco. Il cerchio si stringe intorno a quest'ultimo, che sarà tratto in manette il 19 maggio. Ma quella domenica 26 aprile, il giorno dell'arrivo di Berlusconi a Casoria per il compleanno di Noemi, un'altra e più rilevante cattura forse è già nell'aria. All'alba del 29 aprile la Direzione Investigativa Antimafia di Napoli sorprende Michele Bidognetti, fratello del boss Francesco Bidognetti (detenuto al 41 bis eppure ancora in grado - secondo gli inquirenti - di impartire ordini), ma soprattutto parente del collaboratore di giustizia Domenico Bidognetti.

Un gruppo criminale strettamente collegato a quello dei Setola e, quindi, ai Letizia. Una storia - fanno notare in ambienti giudiziari del casertano - che puzza lontano un miglio di rifiuti. Non va dimenticato che per i Bidognetti questa è stata sempre una fra le più lucrose attività. E che molte operazioni messe a segno recentemente dalle forze dell'ordine nascono dalle rivelazioni su quel maleodorante business rese da una gola profonda del settore come Gaetano Vassallo. Senza contare, su tutto, la presenza degli imprenditori-camorristi del settore rifiuti Michele e Sergio Orsi: il primo ucciso proprio per mano del clan Letizia quando era in procinto di collaborare con la magistratura. Il secondo, arrestato nell'ambito di un'operazione anticamorra di febbraio scorso, era invece stato prosciolto nel 2007 da analoghe accuse. Al suo fianco, come penalista, c'era l'avvocato Ferdinando Letizia dello studio Stellato di Santa Maria Capua Vetere. Casertano, 35 anni, Ferdinando Letizia è anche consigliere comunale a Castelvolturno e capogruppo della lista Liberamente, sul cui sito internet si esaltano le gesta del leader Silvio Berlusconi. Il colpo inferto ai trafficanti di rifiuti con l'apertura dell'inceneritore di Acerra, il timore di perdere gli appalti da milioni di euro che ruotano intorno all'affare munnezza, potrebbero insomma essere fattori non del tutto estranei al clima rovente delle ultime settimane.

IL MILAN? ALL'OLIMPIA

Ma torniamo ai segnali. A quegli avvenimenti forse solo in apparenza curiosi che avevano preceduto la famosa sera del 26 aprile. Quella domenica a giocare sul campo del San Paolo c'era stata l'Inter. Ma il 22 marzo a Napoli per una sfida di campionato era sbarcato il Milan. Che per la prima volta aveva abbandonato i consueti, sfavillanti hotel del lungomare partenopeo con vista sul golfo, per andare ad alloggiare in una delle più desolate periferie dell'hinterland: Sant'Antimo, Hotel Olimpia. Terra di inceneritori, ecoballe e Cdr. Al confine col triangolo della morte Nola-Marigliano-Acerra. Comune, Sant'Antimo, due volte sciolto per infiltrazioni camorristiche. Area infestata da sversamenti illegali di materiali tossici. E non lontana da quell'agro aversano da cui trae le sue origini il gruppo Setola-Bidognetti-Letizia.

L'Hotel Olimpia rientra nell'impero economico della famiglia Cesaro, che in zona possiede anche l'unico presidio sanitario disponibile per uno fra i territori più densamente popolati d'Italia, il Centro Igea, ed una serie di altre lucrose attività. Leader della famiglia è Luigi Cesaro, deputato Pdl, candidato in pole position per la presidenza della Provincia di Napoli. Sui suoi pregressi legami coi clan della zona si soffermava a lungo (come la Voce ha ricordato nel numero di maggio scorso) la relazione di fuoco redatta dai commissari prefettizi inviati a Sant'Antimo dopo lo scioglimento per camorra del 1991.

Ecco i passaggi chiave. I collegamenti di taluni degli amministratori con la malavita organizzata - clan Puca e Verde - si estrinsecano attraverso rapporti di parentela e/o cointeressi in attività economiche e patrimoniali. La cointeressenza in attività economiche si coglie soffermandosi sugli accordi in materia di appalti fra i clan di Pasquale Puca ed il clan Verde, che operano rispettivamente attraverso le cooperative La Paola e Raggio di Sole, addivenendo in tal modo ad una spartizione dei settori dell'economia locale. Della Cooperativa Raggio di Sole è socio il consigliere comunale Antimo Cesaro unitamente ai fratelli Raffaele (legale rappresentante) e Luigi. Ancora: lo stesso consigliere Aniello Cesaro risulta citato a comparire dalla Autorità Giudiziaria in ordine a molteplici attività estorsive messe in atto da Pasquale Puca, capo dell'omonimo clan camorristico operante in Sant'Antimo e Casandrino; risulta avere in atto procedimenti per truffa, interesse privato in atti d'ufficio, omissione in atti d'ufficio e peculato. Diciannove anni dopo, di Luigi Cesaro (e del suo gemello politico Nicola Cosentino, sottosegretario all'Economia), parla Gaetano Vassallo, come ricorda l'Espresso in un'inchiesta di settembre 2008. E qui tornano le coincidenze. Perché se le verbalizzazioni del pentito dovessero trovare conferma, a favorire l'attività imprenditoriale dei Cesaro non sarebbe stato un clan qualsiasi. Ma il gruppo di Francesco Bidognetti, alias Cicciotto e mezzanotte.

IL BOOMERANG

Sto pensando di riferire in aula sul caso Letizia. Ma ci devo riflettere. 23 maggio. E' appena scoppiato il caso Mills (la condanna per corruzione dell'avvocato David Mills, che tira il ballo lo stesso premier) e siamo a poche ore da un altro storico annuncio di analogo tenore: riferirò alla Camera sulla vicenda Mills. Perché, allora, mentre tutti parlano di Mills, lo stesso Cavaliere torna a porre l'accento sulla storia dei suoi rapporti con Noemi Letizia e la sua famiglia? La risposta potrebbe stare tutta in una ricostruzione dei fatti che comincia a circolare a Napoli. E che trae spunto da quelle mezze frasi dette col cuore in mano prima dal papà di Noemi (il mio rapporto con Berlusconi? Preferisco non approfondire, siamo legati da un segreto), poi dalla mamma Anna Palumbo: non chiedetecelo, non possiamo dire di più... Dopo la valanga di stridenti contraddizioni abbattutasi sul resoconto che lo stesso Cavaliere aveva voluto rendere negli studi di Porta a Porta (dalla bufala del Benedetto Letizia autista di Craxi, subito sbugiardata dal figlio dell'ex leader socialista Bobo, alle secche smentite di Franco Malvano e Fulvio Martusciello che addirittura - aveva detto il premier a Bruno Vespa - gli erano stati segnalati quella sera da Letizia), ora lo staff del presidente deve mettere a punto una versione inattaccabile. E se colpisse anche i sentimenti, se saltasse fuori una storia di buona sanità, meglio. E' partita così la caccia di alcuni cronisti alle notizie d'agenzia di quel maledetto 29 luglio 2001 quando l'appena diciannovenne Yuri Letizia, fratello di Noemi che in quel periodo prestava servizio militare, perse tragicamente la vita a bordo di una Fiat Punto andatasi a schiantare contro gli alberi sulla Salaria. E' stato un articolo di Francesco Lo Sardo sul quotidiano Europa a gettare in campo l'ipotesi: pare sia stato dopo questa tragica morte - scrive il 15 maggio - che, in qualche modo e per qualche speciale ragione, si sia cementato il legame tra il signor Elio Letizia e Silvio Berlusconi. La ricostruzione potrebbe essere già pronta: prima - fa sapere il premier - li lascio andare avanti, perché così si mostrano per quello che sono. E sarà un boomerang tale che si vergogneranno, e perderanno consenso e la stima degli elettori, perché in questa vicenda tutto è più che pulito.

Rosita Praga - www.lavocedellevoci.it

giovedì 4 giugno 2009

La democrazia

Mi imbatto in questa notizia e mi chiedo: come può la democrazia essere la più compiuta forma di governo di un paese se può votare gente del genere?

Tifosi, la protesta anche on line contro Berlusconi: «Non andiamo a votare»
Contestazione organizzata dalla curva Sud: una trentina di ultrà sotto la sede del Milan di via Turati. Cori contro Galliani, ignorato Kakà.


Questa volta non fini­rà con Kakà affacciato dal balco­ne di casa a sventolare la ma­glia del Milan e battersi il cuore col pugno. Questa volta la tele­novela che va in scena tutte le estati non avrà un lieto fine. E infatti, questa volta, la gente rossonera pare saperlo. E sem­bra già rassegnata. Rabbiosa, certo, ma fondamentalmente rassegnata.

Un blitz organiz­zato dalla curva Sud, che nei co­ri ha messo nel mirino Galliani (invitato a vendere i suoi fami­liari) ma — curiosamente — non ha quasi contemplato il no­me di Kakà. Tutto si è svolto senza particolari problemi di or­dine pubblico: il traffico non ne ha risentito e le forze dell’ordi­ne si sono limitate a controllare con discrezione la situazione fi­no a quando, dopo una breve consultazione, gli ultrà hanno deciso di abbandonare la scena in blocco, così come erano arri­vati.

A bre­ve termine, inoltre, per Berlu­sconi ci potrebbe essere anche una sorta di boomerang eletto­rale. Una minaccia questa — co­sì come quella degli abbona­menti — che si sta rincorrendo sempre più con insistenza su fo­rum e blog in Rete. E’ sul web che in questi giorni si sta davve­ro riversando tutto il malumo­re appena accennato sotto la se­de. «Non andiamo a votare», in­vitano alcuni, «scriviamo: non si vende Kakà», propongono al­tri, mentre altri ancora assicura­no che sabato e domenica vote­ranno «a sinistra» per ripicca. Per il Cavaliere un brusco calo di consensi da parte del popolo rossonero.

Fonte: Gazzetta dello Sport


La notizia.

E' mai possibile che la resistenza abbia portato a questo? A persone che vanno a votare in funzione del calciomercato? Questi buffoni hanno mai parlato con un partigiano?
E' moralmente corretto garantire a teste "pensanti" di tale caratura il diritto di voto? Visto come questi decidono di gestirselo?

Voto Berlusconi se fa un grande Milan, voto i suoi avversari o annullo la scheda se vende il mio campione preferito.

Per carità, si pone di nuovo il tema del conflitto di interessi, ma quel che più mi preme è che persone con un cervello così abbiano lo stesso diritto di voto di chi nella politica crede, o spera, di chi si sbatte per fare qualcosa, per portare delle idee, per fare informazione, per cambiare questo paese medievale.
L' Italia pare costantemente tesa a dimostrare che la democrazia è un fallimento.

lunedì 1 giugno 2009

Lettera aperta a Pietro Pagliardini da uno studente di architettura

L'amico Piero mi ha chiesto qualche tempo fa di scrivere qualcosa, di riassumere i pensieri di uno studente di architettura che si appassioni al dibattito su architettura ed urbanistica; ecco, ci ho messo un sacco di tempo ma alla fine ho trovato il tempo per riassumere i miei pensieri.

Proprio domenica un'interessante puntata di Report (ovviamente diretta a tutti, quindi magari un po' "banale" in alcuni passaggi per una persona del settore) mi ha dato la spinta: si parlava della morte dello strumento urbanistico e della nascita della città del palazzinaro. E' inutile dire quanto piacevole e confortante sia che anche la societa civile finalmente si schieri contro le varie forme di non-città che proliferano oggi e che eminentemente sono sconfinati quartieri dormitorio o marmellate di villettopoli sparse qua e la.

Il punto forte della trasmissione stava proprio nella continua violenza cui son sottoposti i piani in Italia, raramente rispettati se un qualche imprenditore metta sul piatto soldi sufficienti a far rifiatare un comune che accetta così di far stuprare in qualunque modo il proprio territorio, fregandosene non solo dei costi sociali di migliaia e migliaia di metri cubi messi in un posto alieno alla città, ma anche a quelli poi dovuti ad un'architettura che nelle migliori delle ipotesi è semplicemente banale.

Cos'è oggi un architetto? A cosa si è ridotta la figura che nel tempo ha costruito le città? Se il lavoro dell'urbanista viene violentato in nome dei soldi dei palazzinari, se questi vuole spender poco e se i professori universitari insegnano che non ci sono regole, che tutto è soggettivo ma ingiudicabile, che ciò che fa un architetto è giusto e incontestabile? Cosa viene fuori da questo quadro? Architetti che quando siano rispettosi dell'architettura, della storia ma anche del progresso, dell'urbanistica, conoscitori della città, vengono comunque ridotti a poco più di "disegnatori di cartine". A che serve cioè che un urbanista presti attenzione a come e dove costruire, alle infrastrutture, alle linee di trasporto pubblico, quando poi un palazzinaro compra ettari ed ettari di terreno agricolo e si presenta al comune con i milioni degli oneri in mano e il comune non possa (o voglia, nella peggiore delle ipotesi) che prostituirsi per far cassa in qualche modo?

La questione è inevitabilmente prima politica che di qualunque altro tipo: evidentemente i comuni Italiani non hanno soldi a sufficienza e voglio spendere critiche bipartisan a questo punto, o meglio fare un plauso e una critica a questo governo. Ben venga il federalismo fiscale, gli enti locali sono quelli a più stretto contatto con il cittadino e devono "prendersi cura" di lui, orribile la scelta di togliere l'ici sula prima casa, ossigeno fondamentale per i comuni.

Oggi ci troviamo in condizioni serie, e non parlo di ambientalismo quanto di qualità della città, anche perché i professionisti capaci, che hanno la possibilità economica di non prostituirsi, hanno un ruolo marginale e possono essere facilmente scavalcati da un amministratore poco capace o semplicemente senza sufficienti fondi.

Lo strumento urbanistico dovrebbe avere un valore molto maggiore, dovrebbe essere "inviolabile" ed è qui secondo me che si può e deve ragionare di qualità edilizia, qualità urbanistica e ridensificazione della città, restituzione della città ai cittadini.
Sottrarre la città ai suv e restituirla ai cittadini DEVE essere priorità in Italia dove, non fosse chiaro, nessuno viene a vedere i quartieri dormitorio o le villettopoli terzo millennio, ma si viene a vedere la meraviglia di centri storici stratificati, che offrono tessuti nei quali si legge la storia della città, la città dei cittadini, le città delle auto non interessano a nessuno, anzi potendo se ne fugge.

Il piano dovrebbe appunto essere inviolabile, ed indicare delle nuove aree, che valgano le "C" ma che siano esclusivamente dedicate a "premio" (preferisco scrivere in modo che sia chiaro a tutti, non so quanto sia vasto il tuo pubblico) per coloro i quali accettino la sostituzione edilizia. Dovrebbe cioè indicare gli edifici cittadini impropri e consentire, in funzione della sostituzione, di aggiungere metri cubi, tanti, tantissimi vi prego, se non in sito almeno in queste aree "C bis", e l'allargamento della città deve quindi esistere solo in funzione di una riqualificazione dell'esistente, e ovviamente rispettoso della città. L'esempio della sede della Banca Toscana ad Arezzo l'avevo già fatto (edificio moderno le cui storture sarebbero elencabili solo in un topic dedicato, ma situato in una strada ordinata e di un certo pregio architettonico) : sostituisci quell'oggetto e io ti assicuro tanti metri cubi in più, nello specifico anche in sito, essendo l'edificio attuale molto basso rispetto al contesto, in altri casi in aree IMMEDIATAMENTE periferiche, che ovviamente deve individuare l'urbanista, questa dovrebbe essere la concessione che il comune possa fare, può vendere spazio in virtù di una sostituzione che permetta di riqualificare la città, non può vendere la città per soldi, non può l'amministratore far prostituire la città.
I piani dovrebbero essere frequenti, e non indicare come allargare la città, ma come farla crescere qualitativamente, ma soprattutto dovrebbero essere inviolabili!!! Un accordo di programma può vertere su indici e standard, il comune può prendere la "mazzetta" (oggi è tecnicamente questo) per far costruire 100'000 mc laddove se ne potevan fare 80'000, non per far costruire laddove non si può.
Ne viene fuori un disastro sia ambientale (minori aree verdi, maggiori consumi di carburanti) , che economico (maggiore dispersione per reti di utenze più lunghe, bisogno di nuove infrastrutture), che sociale (migliaia di cittadini che non si sentono cittadini, non padroni ma schiavi della città, di una città che è a sua volta schiava dell'auto).
Un comune può accettare un piano in più molto più facilmente che una casetta "più in la", una città può alzarsi e rimanere vivibile, non può farlo allargandosi a macchia d'olio.

Ed è qui che bisogna che il piano individui, dopo che abbia fallito la commissione edilizia, cosa c'è bisogno di sostituire, cosa non è città ma villettopoli, cosa non è città ma dormitorio, cosa non è edificio ma delirio di un architetto "universitario". Assistiamo oggi in facoltà ad architetti che insegnano che non ci sono regole (ovviamente non tutti, ci mancherebbe), che tutto dipende dal gusto dell'architetto (quindi non ancora dello studente, che deve semplicemente assecondare il professore di turno e sperare di incontrarne il gusto), che non esistono regole, che quando si fa un intervento "deve essere chiaramente riconoscibile" e si portano esempi di abitazioni di Gehry, prontamente riproposti poi dagli studenti in pieno centro storico di Firenze, che quella di Richard Meier è una chiesa anche se a fare fotomontaggi che la collocassero altrove è stata scambiata (non scherzo) per centro velico per la Coppa America e per palazzetto dello sport.
Assistiamo alla negazione aprioristica del tetto a padiglione, che appare quasi come un'offesa il presentare al professore, ad obiezioni del tipo "ma qui c'è umidità" di fronte ad un tema "fai una casa in mezzo al letto dell'Arno", a giudizi opposti su progetti identici presentati a soli 7 giorni di distanza.

All'interno di un panorama del genere forse la speranza può venire da "Report", inteso come società civile che si interessa al problema e si rende conto della situazione caotica (ad essere buoni) in cui versano l'urbanistica e l'architettura in Italia; forse la coscienza che il traffico si crea quando si costruisce male, violentando il piano, lasciando la città in mano ai palazzinari, forse la coscienza che l'inquinamento dipende da migliaia di alloggi cresciuti dove non era previsto né prevedibile né auspicabile, forse la nuova spinta ecologista verso consumi più bassi scoraggiata da distanze troppo grandi, forse la rinnovata tensione verso una città da percorre a piedi potranno quello che politica, urbanistica ed architettura non hanno potuto, o forse voluto, cioè restituire la città ai cittadini. E questo è possibile restituendo l'urbanistica agli urbanisti e l'architettura agli architetti.
E purtroppo per questo la strada sarà lunga e passa anche da un'università che non forma architetti, forma studenti impauriti dal mondo dell'architettura, con nessuna forza culturale da opporre al dio denaro: come può un giovane architetto imporre una corretta visione architettonica che non ha ad un imprenditore che deliberatamente la nega poiché non economicamente vantaggiosa?

La strada è lunga, ma la società civile, se pur prima per la paura sismica e ora per la tensione ecologista, e non per una questione prettamente architettonico/urbanistica, può essere la spinta per riuscire in un prossimo futuro a recuperare le nostre città, a restituircele, togliendole dalle mani di amministratori inadeguati, architetti incompetenti ed urbanisti senza potere.


Spero di non essere stato troppo prolisso e di aver inquadrato la richiesta che mi hai fatto: questa è una sintesi (una sintetica sintesi...) della mia visione dell'architettura e dell'urbanistica attuali e delle prospettive delle stesse, o meglio delle mie speranze perché queste cambino nella direzione che auspico, e credo auspichi anche te.

Ciao Riccardo